di Marcello Buttazzo

Il ventunesimo secolo rappresenta a pieno titolo l’epoca della scienza avanzante. In particolare, la biologia e la medicina rigenerative stanno evolvendo velocemente, stanno facendo passi da gigante. Secondo numerosi esponenti della comunità scientifica internazionale, la rivoluzione delle cellule staminali procede sensibilmente, con risultanze a volte sorprendenti. In Italia, una infausta e illiberale Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, voluta fortemente nel 2004 dal governo Berlusconi e dagli agguerriti e inossidabili paladini del trasversalmente nutrito “partito della vita”, in parte smantellata dalla Corte Costituzionale, vieta ancora oggi la sperimentazione sugli embrioni. Con una ipocrisia non da poco, non si possono toccare solo quelli autoctoni, cioè provenienti dalle tecniche di laboratorio di fecondazione assistita; mentre si possono manipolare quelli importati. Nel nostro Paese, decisamente influenzato da premure e paure confessionali, è prevalso una sorta di “principio di precauzione”, applicato allo zigote, cioè alla cellula uovo appena fecondata. L’embrione, fin da subito, cioè fin dall’atto anfimititco, è stato considerato un organismo vivente con una sua dignità antropologica da rivendicare; insomma il “piccolo fanciullo”, per dirla con le parole marcatamente integralistiche di Carlo Casini, l’indomito presidente del Movimento per la Vita. Da anni, soprattutto “L’Avvenire”, quotidiano della Cei, conduce con furore una battaglia ideologica a difesa dell’embrione. Diversi bioeticisti e opinionisti cattolici esaltano unicamente la ricerca sulle cellule staminali adulte (senz’altro promettente), mettendola impropriamente in antitesi con quella embrionale. Ma, come rilevano molti staminalisti ed embriologi, si tratta chiaramente d’un dibattito truccato. Gli studiosi ritengono che la sperimentazione sulle staminali embrionali sia fondamentale e irrinunciabile per comprendere i meccanismi di base di funzionamento delle cellule totipotenti, bambine. Solo interventi di natura confessionale possono impedire alla scienza di svilupparsi e di battere tutte le strade. Certo, in Italia, lo studio delle cellule adulte e di quelle cosiddette “riprogrammate” è a un livello più avanzato, perché maggiori sono gli investimenti statali. Da noi, la politica attiva è sempre stata clerical-strumentale. Il “partito della vita”, in passato, ha avuto uno sponsor eccezionale nell’Udc, in Forza Italia, e in tutto il Popolo delle libertà, per evidenti tornaconti elettoralistici. Quanti deputati “devoti” ai valori cosiddetti “non negoziabili”. A volte, però, devoti a metà: magari “convinti”, come i leghisti, della sacralità dell’embrione umano, e poi determinati nel voler addirittura cannoneggiare le imbarcazioni dei clandestini in mare. Nel 2009, gli allora deputati berlusconiani, Gasparri, Quagliariello, Bianconi, presentarono un disegno di legge al Senato, che di fatto equiparava i diritti degli embrioni a quelli dei bambini. Nonostante l’inclinazione filocattolica del nostro Parlamento, il ddl. non ebbe alcun successo. I tre senatori esprimevano una esasperata concezione sulla vita nascente, che aveva ( ed ha tutt’ora) nell’europarlamentare Carlo Casini l’anima ispiratrice e combattente, il celeberrimo alfiere, custode dei Valori. Purtroppo, ancora oggi, il governo democratico di Renzi fa molto poco per aggiornare in modo laico l’agenda bioetica. Nonostante i divieti di eterologa e di diagnosi genetica pre-impianto venuti meno, la Legge 40 resta ancora restrittiva e punitiva, intervenendo a gamba tesa sull’etica pubblica. Uno Stato laico non può dare rigoroso significato ad uno Statuto ontologico confessionale sull’embrione umano e, al contempo, non rispettare lo Statuto laico dell’embrione. Ma su tutte le questioni eticamente sensibili, le istituzioni sono abbarbicate su posizioni di retroguardia. Certuni non fanno altro che tradire la missione laica del “fare politica”. Con il proibizionismo non si va da nessuna parte. Se qualcuno poi, partendo da lontano, cioè dall’embrione, spera ingenuamente di intaccare la Legge 194 e d’imbrigliare la donna in maglie di retriva e dichiarata punizione, allora possiamo serenamente dire che costoro stanno sbagliando registro. La legge sull’interruzione di gravidanza, in tanti anni d’applicazione, ha permesso a tante cittadine italiane di uscire fuori dalla mortifera clandestinità. Senz’altro, c’è altro da fare. Questioni insolute vanno risolte. Una politica responsabile dovrebbe offrire alle ragazze l’accesso libero presso consultori laici d’avanguardia, dovrebbe consentire ai giovani e alle giovani una corretta informazione sulla contraccezione, dovrebbe aiutare sempre i soggetti più a rischio, in specie le donne migranti.

             Marcello Buttazzo