Al mare, le note del cuore
di Marcello Buttazzo – Mattinata al mare, all’Approdo di Porto Cesareo. La vita va a ritmo di musica. Vita di lacerate corde, di corse gioiose e, a volte, affannose. Il mare è uno specchio d’amore. Note levate al cielo e buone per navigare in un’acqua di cristallo. Il migrante, che passa e vende la sua semplice mercanzia, ha la radio accesa, sintonizzata sulle note del cuore. Io e Giuseppe Fioschi, come quasi tutti gli umani, siamo appassionati di canzoni di cantar leggero. Quanti cammini immaginifici con i cantautori, con i cantori del bello. Per me e per Giuseppe, la musica ha una funzione etica, estetica e terapeutica. Personalmente, nella mia esistenza, ho molto amato e amo cantautori come De Gregori, Battisti, De André, Vecchioni, Paolo Conte. In particolare, il Principe De Gregori e Lucio Battisti hanno alluzzato e alimentato la mia fantasia e nutrito l’anima. Da ragazzino, nel 1978, nell’auto di mio fratello Emidio, ricordo che ascoltavo le canzoni di De Gregori e di altri cantanti. In specie, nel 1982, frequentavo il terzo Liceo scientifico; uscì “Titanic” di De Gregori. Pezzi bellissimi, come “I muscoli del capitano”, “Belli capelli”, “Caterina”, diventarono il mio “studio” quotidiano, da preferire alla matematica, alla letteratura italiana, alla filosofia. Ho amato infinitamente Lucio Battisti. Dopo l’Lp “E già”, del 1982, scritto dal cantautore di Poggio Bustone con i testi della moglie Letizia, Battisti scomparve per un po’ di anni. Lui, molto riservato e schivo, non rilasciò più interviste. Ricordo ancora l’emozione intensa che provai sempre nell’auto di mio fratello, quando un giorno, tonando da Lecce, ascoltai per caso per la prima volta, giocando con le frequenze della sua radio, la canzone “Le cose che pensano”. Eravamo nel maggio 1986, Battisti aveva appena pubblicato il suo nuovo Lp “Don Giovanni” con i testi del giovane Pasquale Panella, poeta romano. Da allora Battisti con l’apporto fondamentale di Panella ha prodotto altri album, “L’apparenza”, “La sposa occidentale”, “Cosa succederà alla ragazza”,”Hegel”, fino al 1994. Capolavori assoluti, meravigliosi, memorabili. La musica serve per i nostri momenti di svago e per invogliarci a pensare. Essa è un medium straordinario per oltrepassare l’ansietà e per farci approdare in luoghi di serenità. Giuseppe mi ha confidato che, quando era in carcere a Sulmona, s’ è imbibito di musica. Di canzoni che ascoltava con le cuffie, fra le chiuse sbarre, anche di notte. La musica per lui era davvero terapeutica, gli faceva trasvolare la dura e asfittica realtà. Gli dava, tra l’altro, un pregnante senso di consapevolezza, di significanza, di splendore. Grazie alle canzoni, Giuseppe compiva i suoi viaggi nell’inconscio e nel manifesto. Quei viaggi che gli venivano impediti dalla realtà contingente e ferrigna. Magia della musica. Che è, soprattutto, memoria vivida, da rispolverare nei momenti di melanconia. Giuseppe è molto affezionato ad alcune canzoni. Mi dice che, ancora adesso, quando ascolta le dolci note, gli tornano in mente istanti passati, gli vengono rammemorati trascorsi giovanili, ciò che fu e che non si può cancellare. Ciò che ha fatto parte del nostro passato, della nostra storia. Quello scrigno di memoria sempre vibratile di sentimento. A Giuseppe ho chiesto: casa pensi della musica? Mi ha risposto: “La musica, nonostante la vita che va oltre il dolore e la gioia, accende il giorno. La musica abbraccia la nostra anima, e si fa compagna con il tempo, fin dall’infanzia. Lieve malinconica prepotente, si deposita sotto pelle, ferma immagini per liberarle e farle rivivere nel futuro. Il suono vibra nell’aria ed eccita i nostri corpi”.
Marcello Buttazzo
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