di Marcello Buttazzo –

Sabato 30 aprile 2022, alle ore 19, presso la Libreria Idrusa di Alessano, Annamaria Ferramosca incontrerà i lettori e presenterà la sua ultima opera poetica “Per segni accesi”, pubblicata nel 2021 da Giuliano Ladolfi Editore. Nel corso della serata ci saranno anche gli interventi dei poeti Anna Maria Merico e Gianpaolo G. Mastropasqua. Annamaria Ferramosca, di origine salentina, da molti anni vive a Roma, dove ha lavorato come biologa e ricercatrice, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura italiana presso l’Università RomaTre. Collabora con varie riviste nazionali e internazionali e in rete con vari siti italiani di poesia. Ha pubblicato numerose raccolte e vinto importanti premi letterari. I suoi versi sono stati tradotti in inglese, in rumeno, in greco, in francese, in tedesco, in spagnolo, in albanese, in turco, in arabo.

“Per segni accesi” è una potentissima ed evocativa raccolta, un disvelamento, tessere d’un alfabeto ancestrale, dove il ricorso ai miti, alla pulsione primaria della Natura, all’organico, all’inorganico, alle notazioni chimiche e biologiche, è un collante armonico e ritmico. Musicale come una danza, perché ballo elettivo sono le parole di Annamaria Ferramosca, che, rinunciando alle maiuscole e alla punteggiatura, ha creato un’alchimia di accostamenti magici, un lessico che è suono. La poetessa parte dal mistero materno e dalla nascita, laddove la forza del germoglio è come quel piccolo corpo intento a muoversi sul ventre. Il visibile e l’invisibile si danno la mano.
Come il visionario Arthur Rimbaud preconizzava la poesia dell’avvenire, così Ferramosca con le sue creazioni mostra tracce segrete e nascoste, che immortalano la vera poesia. Una tessitura complessa, che tuttavia lascia spazio a margini e lemmi comprensibili, chiari. Maria Grazia Calandrone, in una nota di lettura in apertura, scrive: “Il concreto si fonde con l’invisibile e la materia vivente si fa indistinguibile da quella che crediamo inerte”. C’è luce diffusa che barbaglia d’amore, che pervade tutta la raccolta, un rispetto francescano per il minuscolo, per il piccolo. Come quelle cicale neonate spuntate pallide da terra, che veloci abbrunavano alla luce e già con furia frinivano, sapendo la brevità del canto. Ferramosca sa abbracciare con tenue carezza quei migranti disperati, che rivelano la loro voce, le loro grida, all’alba, quando il nitore è allo stremo.

In “Per segni accesi” campeggiano anche i riferimenti alle amate Claudia Ruggeri e Amelia Rosselli. E Annamaria, con la sua grazia riesce a trovarsi proprio al centro d’una simmetria di luce e, con Sandro Penna, riesce ad abbandonarsi per strada nel dolce rumore della vita. Questi di Ferramosca sono versi della condivisione. Come lei sostiene, c’è un’arte che ci fa immuni e guerrieri senza bisogno d’armi, l’arte del camminare accanto, insieme seminare, mietere, insieme spartire pane e parole. Dobbiamo davvero essere grati a ogni vita, da poeti abitare la terra, vivere di sostesilenzi per ogni bagliore, ogni voce. La poetessa agogna il ritorno ad una purezza primigenia. Questo ecosistema Terra violato e martorizzato dalla prepotente mano antropica dell’Homo sapiens sapiens, appare tuttavia azzurro e vivo dallo spazio, presagendo futuri benevoli abitanti, a fecondare d’animaincontro ogni deserto. Così noi umani, nudi d’errore, ritorneremo bambini a scuola con visi leonardeschi, la penna in mano a imparare, a riscrivere la vita. Leggendo e scorrendo i versi di “Per segni accesi” ci sentiamo presi per mano da Annamaria Ferramosca, condotti in un’isola amniotica, dove il fluire del tempo è pace, bellezza umana. E grande letteratura.

voglio farmi accecare dalla tua nebbialuce
solo costeggiare il tuo centro segreto
sentire sui palmi vibrare la linea della vita
e ricambiarti
facendo splendere in segni
l’enigma abbagliante che sei 

pure i lampi delle rose voglio
e i frutti fiammeggianti
e il brivido di ogni erba
voglio essere lupa
nel suo momento sacro    quando immobile
fissa l’orizzonte-destino
                                     e accondiscende.

Marcello Buttazzo