Marcello Buttazzo – In Inghilterra, s’è chiusa la vita terrena del piccolo Charlie Gard. Una vicenda che è terminata mestamente con molti rimpianti e con polemiche di vario tipo. A Charlie sono state sospese le terapie mediche. Sulla storia di Charlie s’è espresso con vivido amore monsignor Elio Sgreccia, esperto di bioetica, che ha scritto: “Ritengo che a Chris e Connie Gard sia stato tolto e impedito un diritto che fa parte del loro essere genitori: quello di vedere morire il bambino nelle loro braccia”. Più delicato l’assunto di monsignor Sgreccia secondo cui il bimbo doveva per forza morire “naturalmente” e nessuno aveva il diritto di “staccare la spina”: “Nessuno deve staccare. Chi autorizza a staccare? È l’organismo che si stacca quando sente che non è più capace di reggere un’esistenza”. Si ripropone, ancora una volta, l’eterno dilemma bioetico se sia eticamente giusto o opportuno, in certuni casi limite, interrompere, ad esempio, l’alimentazione e l’idratazione artificiali o i sostentamenti meccanici a malati gravissimi. Sono fragilissimi casi esistenziali al limite, che meritano sempre rispetto, parole silenziose e taciute, un approccio morbido, una dolce accoglienza, e la promulgazione di normative parlamentari liberali e contegnose. In Italia, ad esempio, alla Camera, è passata la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Chissà se ci sarà il tempo materiale in questa legislatura per farla approvare anche al Senato, rendendola attuativa. Il travaglio e il pensiero critico degli esseri umani abbisognano d’intimo ascolto. Partendo dalla vicenda di Charlie, monsignor Sgreccia ha sostenuto: “Qualcuno un giorno può venire a dire anche a me, quando è ora, che è tempo di staccare la spina. Io lascio detto già adesso che non voglio che nessuno stacchi nulla”. Posizione comprensibilissima. Parimenti, in presenza d’una rigorosa normativa, un soggetto può essere legittimato, in caso di malattia perentoria e devastante, a interrompere le terapie mediche.

Marcello Buttazzo, 7 agosto 2017