di Marcello Buttazzo –

Come al solito, sono bellezza le parole del poeta Davide Rondoni, che scrive: “Quella di Dio che si fa carne è una notizia che fa venire un salto al cuore. Se uno ha voglia di Dio. Se uno desidera conoscere il destino. Se uno riconosce e non censura l’abisso di desiderio che ognuno porta addosso”.
In questa contemporaneità difficile, controversa, frammentata, ambigua, quante volte in solitudine ci siamo posti quesiti forti, ultimi, definitivi. Quante volte abbiamo interrogato la ragione stessa delle stelle, non potendo trovare nell’umano risposte appena attendibili. Quante volte ci siamo bruciati al lume d’un’idea e persi nei rossori di albe disperate, cercando di strappare al cielo raggi d’infinito. La vita quotidiana spesso appare una dolorosa rincorsa, un corollario d’insensatezze. La vita quotidiana, con i suoi vorticosi moti d’inganni, sovente ci sputa addosso tutte le tempeste del mondo e neri rigagni amari. La vita, per molti di noi, non è affatto un viaggio in prima classe con tutte le luci accese: essa è un procedere pianamente, fra alti e bassi, fra sterpi e luci quiete. Sicché guardare oltre la siepe, mirando altri orizzonti rosei e radiosissimi, non è affatto un trasalimento da poco, non è un impeto irrazionale. No, in questa ordinarietà avvilita, andammo davvero alla ricerca d’un Dio, perché avevamo ottime motivazioni per farlo. L’anelito di spiritualità è la mansione più razionale e più legittima che possa sommuovere le umane coscienze. Nell’aurora che ancora ci sorprende, nell’estate che trema, negli occhi d’un bimbo, c’è la dolcezza d’un Dio, che è gioia, pace, carezza. Personalmente, ho un rispetto serrato per la Natura, che è madre benigna. Siamo noi uomini a sporcarla, a violarla, a depredarla, con la nostra potente e prepotente mano antropica. Provo stupore, meraviglia bambina, al cospetto delle forze primordiali del Creato. Non ho una cultura dogmatica e dottrinale, epperò penso che la Natura barbagli e s’armonizzi su una scintilla, che potremmo definire divina. In verità, non ho un rapporto quotidiano con il divino (e un po’ mi dispiace), di devozione, di richieste da fare. Ma quante laiche preghiere popolano la mia ordinarietà, la mia giornata. Mi fermo ai bordi del mondo, con l’anima in spalle, a mirare la bellezza della Natura, che è materia prima, giacimento di calie d’oro di inestimabile splendore.
A volte, penso che il mio Dio sia il Dio degli umili, degli ultimi, degli oppressi, dei diseredati. Un Dio, a volte, molto distratto. Mi attrae intensamente il pensiero d’un meraviglioso poeta, Salvatore Toma, il quale scriveva: “Lasciatelo in pace. Dio è mio e non è quello che dite, pieno di croci e di spine. Dio è libero, ha soffici ali e vola dappertutto, come le fronde al vento in prateria, come la morte sui tetti delle città”.

Marcello Buttazzo