TINA MODOTTI IN SETTE QUADRI
di Ada Donno –
Un giorno come oggi (16 agosto), 120 anni fa, nasceva Tina Modotti, ci ricorda Christiane Barckhausen-canale, che nel 1988 d’anni fa pubblicò la sua biografia (ne sono state scritte diverse altre, ma la sua a me pare la più affidabile) e ancora continua ad operare per tenere vivo il ricordo di Tina. Il 1° di settembre, a Bonefro (Molise), Christiane inaugurerà l’archivio a lei dedicato.
Nell’attesa, vi ripropongo una presentazione della vita di Tina che preparai una decina d’anni fa, o forse più, a commento di una mostra che le dedicammo a Lecce..
1. Tina, l’arte nella vita
“Ma non posso accettare la vita così com’è, troppo caotica, troppo inconscia; da qui la mia resistenza, la mia guerra con lei. Sono sempre in lotta per piegare la vita al mio temperamento e ai miei bisogni, in altre parole metto troppa arte nella mia vita…”
Questa citatissima riflessione della Modotti si trova in una lettera del luglio 1925, scritta all’amico e maestro Edward Weston.
In un altro scritto, del novembre 1926, diceva: “accetto il tragico conflitto tra la vita che cambia continuamente e la forma che la fissa immutabile”.
Basterebbero queste due usatissime citazioni, anche senza conoscere l’intera vicenda di Tina, per capire che in lei arte ed esperienza esistenziale sono inseparabili: in altre parole, se vuoi conoscere la sua opera studia la sua vita. E viceversa.
Un’esistenza complessa, a più dimensioni, le cui molteplici coordinate si possono rintracciare solo inserendo la vita di Tina Modotti, la sua attività d’artista, nel complesso degli avvenimenti che la videro presente e partecipe di un trentennio cruciale nella storia del secolo scorso, e ricostruendo il contesto storico, politico e culturale tra i due continenti, quello europeo e quello americano, nei quali ella divise la sua esistenza.
2. Tina, il prezioso nome
Io già ti conoscevo, Tina Modotti,
il tuo prezioso nome, la tua grazia,
l’esile, dolcissima presenza,
molto prima di vederti, d’incontrarti (Rafael Alberti)
Il suo nome era Assunta Adelaide Modotti. Nacque a Pracchiuso, vicino a Udine, il 16 agosto 1896 da una famiglia operaia. Da bambina la madre la chiamava Tinissima, superlativo affettuoso che le rimase addosso come una pelle preziosa. Aveva cinque fratelli e lei dovette lasciare la scuola a 12 anni per lavorare. A diciassette anni partì emigrante per gli Stati Uniti, a San Francisco trovò lavoro come operaia tessile e più tardi come sarta. Recitò anche in teatro ed incontrò il poeta pittore Roubaix de l’Abrie Richey, “Robo”. Si sposarono e si trasferirono a Los Angeles, dove Tina girò a Hollywood alcuni film muti.
Conobbe il fotografo Edward Weston, del quale divenne modella e allieva, e col quale visse una grande storia d’amore.
Il Messico post-rivoluzionario è un grande polo di attrazione per gli intellettuali americani. Tina si trasferisce con Weston a Città del Messico e inizia la sua attività di fotografa. Frequentano artisti già noti, come Siqueiros, Guerrero, Frida Kahlo e Diego Rivera, con i quali condividono il pane e grandi discorsi di arte e politica.
3. Tina, la passione politica
E’ stato detto che la sua leggendaria bellezza e le relazioni con uomini importanti del suo tempo hanno eclissato la sua vita interamente legata ai più importanti eventi artistici, politici e storici del novecento.
Quando Weston decide di tornarsene negli Usa (manterranno un lungo rapporto epistolare) Tina si iscrive al Partito Comunista e incontra Julio Antonio Mella, il secondo grande amore della sua vita, col quale condivide vita e militanza finché questi non viene assassinato da sicari del colonnello Machado.
Accusata di aver partecipato ad un complotto per uccidere il presidente del Messico, nel 1929 Tina viene espulsa dal paese. Inizia il suo esilio nomade in Europa, vive a Berlino per un po’ di tempo, poi a Mosca, dove lavora nel Soccorso Rosso internazionale, poi in Spagna.
Partecipa alla guerra civile spagnola col nome di Maria nel battaglione femminile del celebre Quinto Reggimento di Vittorio Vidali, il mitico comandante Carlos. Durante tre anni di guerra lavora negli ospedali e nei collegamenti, stringe amicizia con altre leggendarie combattenti come Dolores Ibarruri e l’argentina Fanny Edelman.
4. Tina, presenza affaccendata e lieve
Tina conosce e frequenta un’intera generazione di intellettuali e artisti che sono l’avanguardia del pensiero progressista della prima metà del secolo scorso e, lei stessa artista impegnata nelle lotte del suo tempo, concentra la sua passione politica nelle campagne di solidarietà a favore dei perseguitati dal fascismo e dal nazismo, come Dimitrov, Gramsci e Thaelmann.
Scrive sull’organo del Soccorso rosso Ayuda, nel 1937 a Valencia organizza il Congreso por la Defensa de la Cultura contra el fascismo. Assieme a Carlos (Vidali), pubblica Viento del Pueblo, poesia en la guerra con le opere del poeta Miguel Hernandez. Ha modo di conoscere Ernest Hemingway, Antonio Machado, Rafael Alberti, Andrè Malraux, Norman Bethune e tanti altri delle Brigate internazionali. Nel 1938 è tra gli organizzatori del Congreso Nacional de la Solidariedad che si tiene a Madrid.
Durante la ritirata, dopo la sconfitta delle forze repubblicane, aiuta i profughi che si avviano alla frontiera e arriva a Parigi con Vidali. Ricercati dalla polizia fascista, Maria e Carlos, come tanti altri esuli, rientrano in Messico, dove è stata annullata la precedente espulsione. Conducono un’esistenza difficile e Tina vive facendo traduzioni, si dedica al soccorso dei reduci e frequenta pochi amici, fra cui Anna Seghers.
La sua presenza affaccendata e lieve – come l’ha definita la scrittrice cubana Adys Cupull – fra due continenti è già diventata azione, storia, leggenda.
5. Tina, la ferrea esile struttura
Essere una donna fedele a se stessa le costò molto.
Dopo l’espulsione dal Messico, aveva chiesto il visto per entrare negli Stati Uniti, ma l’ambasciatore Morrow le aveva posto come condizione che smettesse la sua attività politica. Condizione che lei aveva respinto senza esitare.
Tentarono di accusarla dell’omicidio di Mella, fu fatta oggetto di ripetute accanite campagne diffamatorie riferite soprattutto alla sua “condotta morale”.
Ma a dispetto delle calunnie di quanti hanno cercato di infangare il suo nome, chi l’ha conosciuta testimonia che il suo segno, la sua cifra di vita erano la ricerca di situazioni chiare e il rifiuto dell’ambiguità.
“Aveva un senso del rispetto, odiava profondamente la volgarità, il cinismo, l’ipocrisia”, dice di lei Vidali nel suo libro Ritratto di donna.
Pablo Neruda la vide “risollevarsi e sorridere sopra il fango”, e scrisse della sua purezza:
Puro è il tuo dolce nome, pura è la tua fragile vita:
d’ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma;
d’acciaio, linea, polline, si costruì la tua ferrea,
esile struttura.
Nella notte del 5 gennaio 1942 Tina Modotti muore, colpita da infarto, dentro un taxi che la sta riportando a casa. Come già era accaduto dopo l’assassinio di Julio Antonio Mella, la stampa reazionaria e scandalistica cerca di trasformare la morte di Tina in un delitto politico consumato fra gli stessi comunisti e ne attribuisce la responsabilità a Vittorio Vidali.
6. Tina, il bell’esempio
Tina fu autodidatta. Quando iniziò la sua attività di fotografa scrisse: “Una nuova vita per me, tra artisti…la vita artificiosa dei bohemien, alla quale mi sono adattata, piena di curiosità e con molta volontà, dove ho cercato di farmi una cultura per quanto modesta, dove ho ascoltato gli altri che parlavano di Nietzsche, Freud, Tagore e Leòn,….di Marx, Lenin e Trotsky”.
L’architetto Meyer, una delle ultime persone che vide Tina viva, testimoniò che quella notte del 5 gennaio ‘42 l’aveva trascorsa in compagnia di amici con i quali avevano parlato per ore delle cose che ammiravano: il genio di Simeon, Timoshenko, il quintetto opera 57 di Shostakovic…
Tina parlava e scriveva correntemente in sette lingue. Scriveva ed era magnifica disegnatrice. Chi l’avvicinava le riconosceva qualità umane grandissime, di dolcezza e senso materno profondo.
”Tu sei viva fra tutti – scrisse Rafael Alberti il giorno della sua morte – non è giusto
pensarti estranea a qualsiasi terra, la tua terra è nell’aria che ci dona la fortunosa luce del tuo bell’esempio”.
E trent’anni dopo la sua morte Maria Teresa Leòn scrisse: “…Continueremo ad imparare da lei, dalla sua dedizione, dalla sua lotta per la causa del proletariato e dalla sua solidarietà con quelli che soffrono. Non si può dimenticare il suo esempio straordinario. Mi piace pensare che un giorno un giovane inciderà nella roccia della Sierra Guadarrama il nome che niente possa cancellare dalla nostra memoria: Tina Modotti. Nostra Maria”.
7. Tina, l’indelebile presenza
La tomba di Tina si trova al Pantheon de Dolores di Città del Messico.
Ma lei continuò ad essere per molti una presenza scomoda anche dopo la morte. Per trent’anni su di lei scese il silenzio.
Si ricominciò a parlarne nel 1973 e da allora le ricerche biografiche sono state quasi ininterrotte: hanno scritto di lei Maria Caronia (1979), Vittorio Vidali (1982), Christiane Barckhausen (1988), Elena Poniatowska (1992), Margareth Hooks (1993). Nel 1986 vennero pubblicate, a cura di Amy Stark, The letters from Tina Modotti to Edward Weston dalla Università dell’Arizona.
Dalla fine degli anni ottanta si svilupparono gli studi e la lettura storico-critica della sua opera fotografica, “l’umano fervore delle sue fotografie” ritornò a vivere, il mito Tina Modotti crebbe, le sue fotografie vennero acquistate da collezionisti privati e prestigiosi musei, raggiungendo quotazioni vertiginose.
Ma accanto alle ricerche rigorose, su di lei sono fiorite biografie romanzate, varie operazioni di fiction, scoop giornalistici. Anche nei primi anni novanta, dopo la caduta dei muri, la sua figura reale ha subito gratuite manipolazioni e “inutili mitizzazioni”.
Ma – dice ancora Adys Cupull – siccome visse al servizio dei diseredati, della pace e delle cause giuste,Tina è universale e sempre ci sarà chi leverà la sua protesta quando la sua immagine ed i fatti che accaddero intorno a lei saranno trattati senza rigore a allontanati dalla realtà storica. Tina è indelebile presenza che ci chiama ad operare, senza ambizioni di premi e smanie di notorietà.
Lo senti quel passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grandioso che viene dalla steppa…. Sorella, sono i tuoi passi.
Un mondo marcia verso dove andavi tu, sorella (Pablo Neruda)
[tratto dal profilo Facebook di Ada Donno]
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