di Marcello Buttazzo – Anni fa, il fisico Tullio Regge, prima della sua morte, scrisse un’opera divulgativa, “Lettera ai giovani sulla scienza”, in cui si rivolgeva ai ragazzi, ma anche ai più grandi. Una lettera aperta affinché il progresso scientifico potesse soddisfare la nostra sete di conoscenza e diventare strumento autentico per affrontare le sfide della contemporaneità. È passato qualche anno, da allora. Questo tempo attuale suggerisce che soprattutto le tecnoscienze avanzano e promettono conquiste pragmatiche. Il XXI secolo, che con tante ansie traversiamo, è la stagione folgorante della biologia, che si sta già affermando in diversi campi applicativi. Purtuttavia, una regola aurea è quella di interpretare ogni fenomeno con attenzione, discernimento, cura, mirata oculatezza. Innanzitutto, occorre tenere presente che, nella nostra era, l’adattamento culturale sovrasta quello biologico e fisiologico; parimenti, non è lecito eticamente e praticamente cadere negli abusi e negli eccessi della tecnica spinta allo stremo, magari solo per blandire business commerciali, assecondando questa folle e scriteriata ed elitaria economia capitalistica. Meno male che illustri studiosi ci mettono quotidianamente in guardia da alcune ingannevoli sirene del progresso artefatto: ad esempio, certi test genetici, confezionati con l’intento di conoscere fedelmente e “matematicamente” il rischio di contrarre malattie, lasciano il tempo che trovano. Il professore Edoardo Boncinelli, rinomato gentista e biologo molecolare, evidenza come nell’attuale era delle tecnoscienze bisogna procedere pacatamente a passo d’uomo, con la speranza degli uomini di buona volontà, con la pazienza e il buon senso dei saggi. Sono trascorsi 17 anni dal sequenziamento del Dna umano, ancora oggi la biologia s’arricchisce di certezze, ma di molte perplessità e di zone d’ombra. La mappatura del genoma umano ha aperto una nuova era, inediti scenari, che però non sono l’agognata panacea, capace di risolvere per magia ogni insoluta questione. Certo inossidabile e insulso determinismo biologico, che attecchisce facilmente in una società capitalistica, incline alla voracità finanziaria e alle degenerazioni del mercato, mostra talvolta tutto il suo fallimento scientifico, filosofico, sostanziale. I geni, i tratti del Dna codificano per i caratteri: quindi si può anche intervenire preventivamente su di essi con parsimonia, per fare disciplinate operazioni migliorative. Ma con la correttezza degli scienziati consapevoli e responsabili, che sanno leggere opportunamente la nostra carta d’identità genetica, senza affidare ad essa soverchie virtù miracolistiche. I geni non sono tutta la storia d’un uomo, d’una donna. Chi, in passato, ha pensato addirittura d’isolare addirittura il “gene dell’accidia”, dell’”invidia”, della “bellezza”, della “criminalità”, ha raccontato solo brutte favole. Noi siamo il nostro genoma, ma anche il nostro ambiente fisico. Da una interrelazione complessa di fattori scaturisce la nostra individualità. Se tutto fosse malauguratamente scritto nel Dna, saremmo esseri dimezzati, incompiuti. In noi si sublimano supreme e intricate alchimie di componenti genetiche, di riflessi ambientali, di senso morale e culturale, di passione spirituale.