di Alessandra Margiotta –

Il gruppo è stato fondato nel 2013 ed in pochi anni ha fatto già tanta strada, vero?
Ha fatto la strada che doveva e poteva fare, né troppa né poca.

Perché non utilizzate il basso elettrico? È una scelta voluta?
E’ stata una scelta limitata ad un solo lavoro discografico: in assenza di musicisti bassisti nel periodo di registrazione di “Sintetico a priori” si è deciso di continuare lo stesso applicando la prassi della nostra filosofia strascix “si fa quel che si può, dove si può, quando si può, con chi si può”…. Se ci attenessimo troppo agli obiettivi ideali faremmo poche cose, saremmo statici.
Oggi il bassista c’è: Armando Costa. E per alcuni live abbiamo anche il sostituto Lorenzo Macri. Ma Armando è membro effettivo del gruppo.

Tra le diverse esibizioni che elencate nella vostra biografia, quale vi è piaciuta di più?
Difficile scegliere, forse quella della Danimarca a Copenaghen: lì eravamo sottoposti all’ascolto di persone che non capivano nemmeno una parola di Italiano (anche se abbiamo anche brani in lingua inglese) eppure è andata bene, siamo riusciti a scaldare un pubblico attento, silenzioso e calmo. Alla fine della serata c’era il caos, saranno state le Tuborg e le Carlsberg?

Nell’ultimo album “Sintetico a Priori” come sono state composte le musiche? Come avete lavorato nello studio?
L’album nasce da lontano. le idee essenziali nascono da Fabio Bernardi, tranne una, “Ricordi”, che nasce dal padre di Fabio ben quaranta anni fa.
I brani sono stati proposti in sala prove da Fabio e poi sono stati sottoposti a modifiche, specialmente sugli arrangiamenti, un po’ da tutti i membri e anche da amici.
L’ideazione del brano è datata almeno dal 2014, cioè dopo l’uscita di “Mezzi di fortuna”. Questo ha comportato il cambio di alcuni membri che ruotano attorno al nostro nucleo fisso. Così abbiamo avuto il contributo musicale del violoncellista Giuseppe Scola, il quale ci ha dato un bel contributo artistico.

Cosa pensate riguardo la diffusione della musica trap tra i giovanissimi?
E’ un fenomeno musicale da osservare non tanto per quanto riguarda le prestazioni artistiche, quanto per i risvolti sociologici dei temi trattati. Esistono, però, diverse anime. Se guardiamo agli artisti più famosi dello scenario italiano possiamo passare dal posttrap di Young Signorino, il quale punta alla decostruzione di tutto, sia di valori sociali sia delle regole musicali della trap, passando per Sferaebbasta che incarna il sentimento di massa dei teenager e quindi fonda una nuova tipologia di valori basati sull’individuo e non sul collettivo, finendo a Ghali il quale sembra avere una sensibilità più solidaristica.
Gli aspetti propriamente musicali possono piacere o non piacere, di certo sembrano una metafora della robotizzazione dell’essere umano. Al di là di ogni giudizio, siano essi positivi o negativi, speranzosi o desolanti, la vita si sta trasformando da biologica in cibernetica.

Siete al lavoro su nuovi progetti?
Si, stiamo lavorando a due progetti: uno propriamente reggae roots, l’altro che amiamo definire “reggae progressivo” che parte dal reggae ma si intreccia col rock, il punk e anche il folk.