di Marcello Buttazzo

La pena di morte è la massima violazione della Carta dei diritti umani. Nessun crimine, per quanto feroce possa essere, può giustificare una pena così definitiva, brutale, medievale. Da anni e anni, associazioni laiche e religiose si battono per l’abolizione totale in tutto il mondo dell’infausta e ferina pena. In questi giorni, è giunto benedetto l’appello sentito di papa Francesco, che, in un vivido messaggio indirizzato al VII Congresso mondiale contro la pena capitale, ha sostenuto: “Nessuno può essere ucciso e privato dell’opportunità di abbracciare nuovamente la comunità che ha ferito e fatto soffrire, la pena di morte è una grave violazione del diritto alla vita di ogni persona”. E la vita, questo soffio sottile, è sacra e inviolabile, sempre e comunque. Già tanti e tanti anni fa, Marco Pannella, quando fondò l’associazione radicale abolizionista “Nessuno Tocchi Caino”, molto attiva all’Onu, comprese a fondo quelle che erano le strategie da adottare. Il leader gandhiano s’adoperò per una moratoria e rinvigorì gli strumenti pacifici e non violenti della diplomazia e della persuasione. Marco Pannella è trasvolato nel suo cielo, ma il suo insegnamento rimane vitale e pragmatico. Tanti Paesi, dall’Africa all’Asia, stanno lentamente introducendo nelle loro Costituzioni lo stop alla massima pena. In America, addirittura i repubblicani, notoriamente affezionati alla pena capitale, a questo inverecondo ferrovecchio della storia, ultimamente, hanno presentato progetti per abolire la massima pena in sette Stati.

Marcello Buttazzo