Le migrazioni e la “politica” degli insignificanti
La civiltà occidentale è un villaggio globale, multietnico, multiculturale, aperto ai movimenti dei vari gruppi umani. Viviamo in un’era difficile, controversa, di superamento delle ideologie, purtuttavia in certuni persiste l’inconcludente pretesa di caratterizzare una irrefutabile rivoluzione antropologica con una veste smunta, che ha il sapore dell’astrattezza e dell’irrealtà. In Europa, alcuni gruppi e partiti politici nazionalistici sono animati da una propensione isolazionistica. È evidente che il flusso dei migranti possa essere solo blandamente controllato, disciplinato con leggi sempre rispettose della diversità umana, comunque sintonizzate su ogni civile emergenza. Sulle nostre coste meridionali, fatiscenti carrette del mare continuano a giungere, portando sovente gente ferita e afflitta, con attese, piccoli sogni, alla ricerca d’una esistenza appena appena dignitosa. Decisamente incomprensibile è la furiosa propaganda di certi politici, che vorrebbero rispedire nella bocca del leone queste donne, questi uomini desolati. Anni fa, addirittura, un governo Berlusconi, con l’apporto sostanziale e significativo della Lega Nord, partorì un cosiddetto “reato di clandestinità”, una evidente esagerazione securitaria, un non senso antropologico, un arbitrio semantico. Ma come si può criminalizzare un immigrato solo perché approda nel Belpaese o perché sprovvisto di documenti? Per questa gente, anche l’attuale governo di centrosinistra, guidato dal Pd, vorrebbe edificare Centri di identificazione ed espulsione nuovi di zecca, chiamandoli magari con un altro nome, ma sempre con l’obiettivo manifesto di segregare e differenziare esseri umani. Un lucido e eccezionale visionario della politica passata e contemporanea, Marco Pannella, sosteneva che un migrante, solo per il fatto d’aver sfidato la morte e i marosi tempestosi, una volta approdato sulla nostra terra, doveva essere considerato a tutti gli effetti cittadino italiano. Questa povera politica di oggi, popolata di piccoli e insignificanti epigoni, avrebbe tanto da imparare dalla cultura gandhiana del leader radicale. Noi comuni cittadini, fuori dai giochi che si consumano nei palazzi del potere, sappiamo che siamo tutti cittadini del mondo, in cerca d’un rifugio sicuro, d’un nido accogliete, d’un utero protettivo che ci accolga benevolmente, d’un mare di spume tranquille e di venti di brezza leggera. Non ha senso popolazionistico frammentare l’umanità con un abusato gioco linguistico in “regolare” e “irregolare”. Tutti siamo cittadini legittimi d’una stessa Terra, tutti abbiamo le carte in regola per reclamare diritti e una sacrosanta cittadinanza. È fuori registro morale discriminare la gente. Luca Cavalli Sforza, eminente biologo delle popolazioni, in tutta la sua vita ha sempre affermato quanto sia da sprovveduti anche solo parlare di razze umane, quando per mille motivi ci si dovrebbe soffermare più correttamente sui cosiddetti gruppi etnici. “Non esistono le razze umane, esiste solo la razza umana”.
Marcello Buttazzo
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