di Antonio Stanca – A Giugno di quest’anno presso la casa editrice Città Nuova di Roma, nella serie “Narratori”, è comparso un breve romanzo Palma di Dio di Sergio Nazzaro, giornalista e scrittore italiano. E’ nato in Svizzera nel 1973 ma subito dopo la famiglia si è trasferita a Mondragone, in provincia di Caserta. Si è laureato all’Orientale di Napoli e d’allora ha cominciato a comparire su giornali e riviste, di carta o online, mostrandosi particolarmente interessato nell’osservazione e nello studio di gravi fenomeni sociali quali quelli della mafia, non solo italiana, e della camorra. Molti sono i suoi lavori in tal senso, reportage, documentari, inchieste, interviste, esteso è diventato l’esame da lui condotto circa i rapporti tra le mafie internazionali, le vie seguite nel mondo dalla droga per il suo commercio e la sua diffusione, la maniera ormai stabilitasi nel napoletano e nel casertano a proposito della camorra.

Uno studioso, un osservatore della malavita nazionale e internazionale può essere considerato il Nazzaro: lo ha fatto fin dall’inizio della sua attività, quando era solo un giornalista, ed ha continuato a farlo fino ad oggi, quando è diventato anche uno scrittore che dagli stessi argomenti trae ispirazione.

Ampiamente riconosciuto è stato il suo lavoro giornalistico, lo ha messo in contatto con altri importanti e famosi giornalisti e intellettuali di altre nazioni, gli ha procurato una posizione di rilievo in tale contesto. Riguardo alla sua attività di scrittore va detto che notevoli sono i risultati raggiunti poiché capace di rendere un ambiente nella sua maniera più autentica, di farlo apparire vero, naturale anche grazie all’uso di un linguaggio quanto mai fedele alle persone ed ai luoghi rappresentati, si mostra Nazzaro. Così succede pure nel recente romanzo Palma di Dio dove si dice della storia, della vita di una ragazza del casertano, Paola chiamata Palma, che dopo essersi diplomata al liceo classico più vicino al suo paese, si scopre a vivere da sola poiché ha rotto con i familiari e sono morti gli zii presso i quali si era rifugiata. Per continuare ha scelto la via del vizio, del furto, dello spaccio e di quant’altro si compone la malavita. Tutto farà Paola di ciò che a questa appartiene, ucciderà pure oltre a drogarsi e prostituirsi. Ci sarà una parentesi, quando insieme ad Adriano fuggiranno nel Nord Italia, a Torino, avranno un figlio e cominceranno a lavorare in aziende serie dove lei riuscirà ad affermarsi in poco tempo. Questo, però, insospettirà Adriano, lo farà ingelosire, lo farà andare lontano da lei insieme al bambino. Paola si ritroverà sola, non si sentirà bene, tornerà nel Sud e rientrerà negli stessi ambienti di prima. Come prima vivrà fasi alterne, la sua salute, già provata, ne risentirà e vere e proprie malattie ne conseguiranno. Sono morti coloro che tra i camorristi la proteggevano, sono morti i genitori e il fratello, lontani, introvabili sono Adriano e il figlio, completamente sola e malata è in un mondo, in una vita, in un ambiente dove i rischi, i pericoli sono continui. Ha solo trentotto anni e il suo è il risultato di un’esperienza condotta all’insegna della ribellione, del rifiuto, della negazione di quanto costituiva la regola, la norma.

Lo riconoscerà alla fine del libro quando gravemente malata e in attesa della morte concluderà quel racconto della sua vita che per tutta l’opera ha immaginato di fare ad un vecchio compagno di scuola, quando gli dirà quanto poco basta perché una vita sia diversa da un’altra come è stato per le loro vite.

Un caso ha voluto rappresentare Nazzaro, un monito ha voluto ricavare!

Antonio Stanca