di Luigi Mangia – Ci sono parole bugiarde che ci ingannano e ci disorientano nella percezione sociale della nostra realtà. Nella parola profugo immigrato identifichiamo il soggetto disperato, privo di ogni fiducia. Il profugo invece è un combattente armato di fiducia, capace di sfidare la morte per avere una vita libera dalla guerra e lontana dalla povertà sociale. Il racconto dei profughi è fatto di parole bugiarde e di parole che non sono delle loro lingue. Le parole più vere sono quelle dei loro corpi che raccontano, come le pagine di un diario tutta la violenza subita durante il viaggio di fuga dalle terre di guerra. I corpi più colpiti dalla violenza, sono quelli delle donne, tutte stuprate. Per noi le parole dei profughi sono senza specchio perché non vogliamo vedere, come diceva, Alessandro Leogrande: vedere e non vedere. Nella giornata nazionale della memoria dedicata ai profughi, i consoli del popolo del Governo gialloverde non si sono fatti vedere nell’isola di Lampedusa, forse per evitare di ricordare che: dal 2000 ad oggi i morti nel mar Mediterraneo sono stati 17 mila, più di quanti morti ha fatto la guerra in Siria.

Il vocabolario delle parole, che il Ministro Matteo Salvini usa per raccontare i profughi, è fatto di parole bugiarde, molto buone per lucrare consenso, sarà la storia a non perdonargliele perché la storia non fa sconti sulla verità.

Luigi Mangia