di Marcello Buttazzo – Quante volte il tempo ingeneroso di questa quotidianità non s’è preso cura di noi, del nostro nucleo radiante, e ci ha inferto solo sofferenze e travagli? Quante volte questa superficiale ordinarietà non ha compreso le nostre intime, ineludibili ragioni di vita, e ci ha relegato colpevolmente ai margini del mondo? Ancora oggi, nell’età adulta, nella fase della consapevolezza, ci rendiamo conto che l’eterno bambino ferito piange e lancia stridule grida. Talvolta, anche noi, al cospetto di brucianti ferite impresse dall’ambiente circostante sulla nostra pelle riarsa, non sapemmo incanalare la rabbia distruttiva in un edificante e costruttivo anelito di progettualità. Purtroppo, quante volte, con l’animo lacerato, osserviamo questo mondo impazzito, in preda a guerre ferine, a criminali terrorismi, a perversi e meschini giochi di potere e di domino? Quante volte, nella nostra quotidianità, sconfitti, ci ripieghiamo su noi stessi e, con i ginocchi piagati e i piedi insanguinati, traversiamo la scura e lunga notte, senza riuscire a dare un significato a questa esistenza? Ma sempre, nei più disparati accadimenti, come pazienti e attenti rabdomanti, dobbiamo cercare le venule più chiare, dando un senso a questa vita. Il senso della vita come un soffio, come un trasalimento, come un palpito. Come un respiro. Come un progetto, come un impegno duraturo, a lungo termine. Il senso della vita come un bagaglio di vissuti imperituri da preservare al fluire inarrestabile del tempo. Il senso della vita come una stagione d’attesa ai bordi delle strade, come una stagione di sogni, da vivere ad occhi aperti, da afferrare comunque, nonostante le eventuali ed inevitabili evenienze negative. Il senso della vita come Terra del possibile, Terra rossosangue, di zolle marroni, da percorrere sempre, nel sole e nel vento, nella pioggia insistente, nella impietosa tempesta, con le gioie e i travagli, con lo sguardo aguzzo, fiero. Viviamo in un’era iperveloce, ipertecnologica, che talvolta ci frustra, fagocitando le attese e le speranze. Un’era frettolosa, che a volte non si prende cura degli umani intendimenti, dell’intimo sentire. In questo tempo sovente caotico e straniante, un antidoto valido e proficuo per rinsaldare il senso profondo della vita è quello di scoprire la bellezza e il colore adamantino dei valori immateriali. In un’era marcatamente consumistica, che tutto brucia e dota d’un prezzo, cosa c’è di più poetico e vibratile di sentimento che affidarsi al bello dei beni non consumistici? Cosa c’è di più rivoluzionario che conferire pregnanza a valori strabilianti e impagabili, come l’amore, l’amicizia, la gratuità, la libertà, il sogno? Forse, non è una negletta pretesa quella di ripartire risolutamente da essi, per ricominciare a volerci bene, a respirare a piene mani il senso autentico e avvolgente della vita.

Marcello Buttazzo