di Antonio Stanca –

Ad Aprile di quest’anno nella prima edizione della collana “I Narratori” della casa editrice Feltrinelli di Milano è uscito Le cose che bruciano di Michele Serra. Un altro romanzo dello scrittore romano che in molti sensi si è finora applicato, dal giornalismo alla narrativa, alla televisione, al teatro.

Nato a Roma nel 1954, Serra si è trasferito giovanissimo con la famiglia a Milano e dopo la maturità classica ha cominciato a lavorare per l’Unità. Nel giornalismo avrebbe esteso i suoi interessi, da importanti periodici sarebbe passato ad importanti quotidiani, avrebbe fondato il settimanale satirico Cuore, si sarebbe distinto per la sua posizione di polemista, di contestatore, di acceso opinionista, per la sua maniera di fare satira, ironia.
A ventinove anni avrebbe esordito nella poesia, a trentacinque nella narrativa e tra Milano e Bologna avrebbe continuato a muoversi mentre nutriva questi interessi. In ognuno è rintracciabile la tendenza del giornalista che vuole discutere su quanto sta succedendo nel suo paese e nel mondo, che vuole denunciare le gravi perdite che la vita, la società, la storia moderna hanno apportato e continuano ad apportare a quanto costituiva il patrimonio culturale, morale dell’umanità, ai principi, ai valori ai quali ci si riferiva a livello individuale e collettivo. Per salvare quel che si sta perdendo a causa dei nuovi costumi, delle nuove maniere d’intendere, di fare, si è sempre mosso il Serra.

Un umanista è sempre stato, non ha mai perso di vista i suoi obiettivi, li ha segnalati e perseguiti con chiarezza. Non gli è stato possibile riuscire da solo contro tanto ma anche se impari il confronto non lo ha scoraggiato, non lo ha fatto desistere. Ha continuato a sostenerlo come prova quest’ultimo suo lavoro, dove si trasferisce nella figura del protagonista Attilio che abbandona ogni impegno civile, sociale, per ritirarsi a vivere in montagna. Attilio è un politico che ha un’intensa attività, che è noto al pubblico per i suoi interventi in Parlamento e in televisione, che ama discutere su quanto non condivide, che non rinuncia a cercare modi, ragioni a tutti utili. Perciò, quando vedrà bocciata senza alcuna remora la sua proposta di legge circa l’introduzione dell’uniforme obbligatoria per gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, abbandonerà la politica e si ritirerà su alcune alture delle vicine montagne liguri. Chiederà vitto e alloggio a chi già ci vive, ci lavora e tramite la sua collaborazione, il suo aiuto ricambierà quanto gli viene dato. Alle sue spese più grosseprovvederà la moglie Maria, che gli passerà mensilmente una certa somma e che continuerà a svolgere il suo lavoro d’ingegnere in tante parti del mondo.

La proposta di legge dell’uniforme obbligatoria mirava a far recuperare ai giovani in età scolastica quanto le mode nel vestire e le conseguenti manie di esibizionehanno fatto loro perdere. Voleva essere un progetto finalizzato a far trascurare i valori esteriori ed apprezzare quelli interiori quali la diligenza, l’applicazionenello studio.

Vistosi rifiutato Attilio fuggirà in montagna dove accetterà di vivere, di stare insiemeal pastore Federico,al proprietario terriero Severino e alla sua amica Bulgara. Di questi farà il mezzadro. Maria passerà a trovarlo ogni tanto, quando il suo lavoro le permetterà di rientrare nella loro casa giù in città. Intanto Attilio ha cominciato a pensare a come liberarsi di tutto quanto ha fatto parte del suo passato siano pensieri od oggetti.Vuole rinunciare a ciò che ha appesantito la sua mente e a tutte “le cose” che si sono accumulate nella sua casa e nelle case dei parenti che sono diventate sue. Di queste “cose” progetta dei roghi, le vuole vedere “bruciare” anche se molto tempo impiegherà prima di fareil primo rogo. Anche per le altre cose, quelle della mente, per i pensieri, i ricordi, i dubbi, i pentimenti, i sospetti, le amarezze, i dolori, gli scrupoli, non sarà facile liberarsi subito ché a lungo resisteranno, ritorneranno, lo inquieteranno. Non sembra sia possibile una vita completamente libera e quando stava per profilarsi una via d’uscita un’ultima rivelazione farà ricadere Attilio nei travagli del pensiero. Saprà dalla sorella Lucrezia che lui non è figlio di suo padre, che la madre lo ha avuto da un altro uomo. Pur sconvolto rimarrà in montagna, continuerà nel suo lavoro, diventerà un piccolo proprietario e un produttore di zafferano. Scoprirà, però, che non in un rifiuto totale di quanto è stato ed è vita consiste la soluzione perseguita ma nella maturazione, nell’acquisizione di una coscienza che accolga tutto e solo del bene si avvalga, che veda tutto quanto le succede intorno e stabilisca, distingua, scelga quanto è utile per sé e per gli altri.

Non ad una negazione ma ad una concezione più ampia è pervenuto stavolta il Serra e lo ha fatto con il linguaggio di sempre, quello che non finisce mai di sorprendere, di coinvolgere, di far ridere, quello che pur nella sua facilità, nella sua rapidità, è sempre molto preciso, molto profondo.

Antonio Stanca