di Marcello Buttazzo –

La notte, rifugio per gli spiriti indocili, sintonizzati sulle note dell’anima, accesi da bagliori d’impreveduto stupore, arresi ad un’idea di bellezza umana vivida di splendore. La notte, ricettacolo per gli spiriti inquieti, protesi ad afferrare l’ultima stella dell’orizzonte lontano. Rosseggiante il cielo di attese e speranze, gialleggiante grano nei negletti pensieri, bianco latte l’aurora che verrà.

E di notte, una luna perennemente interrogativa mi chiede sempre di lei. Del suo cuore di musa soave, del suo labbro squisito, della sua e della mia stagione stremata. Una luna loquace mi chiede insistentemente di lei, del suo candore di giglio, dei suoi denti di perla, del suo meditare poderoso, che rompeva gli ostacoli e domava il mare.

Di notte, le stelle si danno convegno e confabulano d’amore. D’amore universale, che attiene alla materia intima di tutti gli esseri umani. Di notte, parlano i gatti fra loro di storie, che riguardano tutti gli uomini, tutte le donne. Cesare Pavese cantava: “I gatti lo sapranno”. I gatti sanno davvero tutto, sanno di noi, di loro. E del tempo fuggiasco. Questa effervescente ebbrezza dell’anima, del vivere interiore, è una dilatazione di istanti precipui del nostro essere inerente.

Di notte, mi ritorni in mente. Ripenso a quell’estate irripetibile, alla tua bellezza strepitosa di rosa, alla tua voce, salmodia allettante. Le tue parole proferite con cura, attenzione, discernimento. Le tue preziose parole, la più beneagurante preghiera laica, che io ascoltavo sempre pazientemente e devotamente.

Di notte, t’ascolto ancora, assieme alla luna e alle stelle. Dal tuo posatoio di lucore, innalzi ancora inni d’amore e di gioia. Ricordo quando ti scrissi che la notte nel lungo approdo si pavesa di suoni e profuma sempre di stelle. Ti scrissi che con una reticella, nel cerchio del pozzo, catturai pesci, baci e lembi d’una luna bugiarda, un viso di pesca, due occhi acquamarina, il mio grappolo di vita, la mia insonnia d’amore. Oggi ti vorrei dire che la luna non mente, tu non hai mai mentito al mio cure, al tuo cuore. Sei piovuta nel mio cielo d’improvviso, per stare sempre accanto a me, per non lasciarmi più. E anche adesso che navighi lontana nel tuo altrove, ti prendi sempre cura di me, dei miei giorni. La notte, ostello delle anime lumeggiate d’un serafico albore, ripiegate su spire di nobili aspettative.

La notte. E solo la notte. Ritornano i versi di Dino Campana: “Ma per il vergine capo/ Reclino, io poeta notturno/ Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,/ Io per il tuo dolce mistero/ Io per il tuo divenir taciturno./”

Marcello Buttazzo