di Antonio Stanca –

Giornalista e scrittrice, Shirley Jackson è nata a San Francisco, California, nel 1916 ed è morta a North Bennington, Vermont, nel 1965. Aveva solo quarantanove anni ma tanta esperienza: era vissuta in una famiglia dove la madre aveva mostrato una continua avversione nei suoi riguardi, l’aveva disprezzata per il suo aspetto fisico ed anche dopo il matrimonio col critico letterario Stanley Hyman aveva continuato a perseguitarla.

Shirley aveva abbandonato gli studi universitari di Arti Liberali e dopo qualche anno aveva intrapreso quelli di Giornalismo e Lingua e Letteratura Inglese; si era laureata in questa disciplina; si era sposata; aveva avuto quattro figli; aveva creduto di aver trovato nel marito chi l’avrebbe liberata, salvata da quanto sofferto in casa ma nemmeno lui aveva mostrato particolare attenzione per lei; all’alcol e ai tranquillanti sarebbe giunta per risolvere i problemi, i tormenti dei quali si era caricata e che l’avrebbero portata alla morte. Non prima, però,di scrivere tante opere, romanzi e soprattutto racconti, di cercarenella scrittura la soluzionedelle sue pene. Molto, tanto avrebbe scritto la Jackson, avrebbe cominciato con articoli per i giornali universitari quando ancora studiava e avrebbe esordito nella narrativa nel 1941, a venticinque anni. Scrisse la novella My life with R.H. Macy e d’allora non si era più fermata, era giunta a successiqualiLaLotteria del 1948 e L’incubo di Hill House del 1959. Sono due storie brevi e se la prima si è attirata qualche critica, la seconda è considerata una delle più famose del ventesimo secolo.

Molti riconoscimenti ha avuto la Jackson, molti premi hanno ricevuto le sue opere, nessuna è passata inosservata, alcune sono state trasposte in film o rappresentazioni teatrali. In molte lingue sono state tradotte.

Sempre letta è risultata anche se ricorrenti sono stati i suoi temi, anche se ha trasferito nella scrittura quanto vissuto, fossero le sofferenze inflittele dalla madre, dal marito, fosse la sua condizione di donna nell’America degli anni ’50, condannata, cioè, insiemealle altre a subire quanto proveniva da un ambiente retrogrado, maschilista, a rinunciare alla libertà, ad una propria identità. La condizione femminile allora generalmente diffusain casa e fuori diventerà quella delle protagoniste delle sue opere.Saranno tante e tutte aspireranno a liberarsi da quanto, famiglia compresa, le opprime, le limita. Non ci riusciranno, si alieneranno, si ammaleranno. Inutili risulteranno i loro sforzi. Vorranno fuggire da quanto le impedisce ma non saprannofarlo, non saprannoandare lontano da ciò che rifiutano. Non erano preparate per quella vita che avevano sognato, non sapevano come, dove, con chi fosse possibile ottenerla, svolgerla, viverla. In un fallimento si risolverà, in molti casi, quella che sarebbe dovuta essere la loro realizzazione.

Drammatica, tragica era diventata nell’America di allora la situazione delle donne compresa quella della Jackson che, però, ha saputo reagire, ha saputo rappresentarla, ne ha fatto oggetto di scrittura, di opera letteraria. L’ha mostrata, l’ha testimoniata, l’ha denunciata, non è tornata indietro, è avanzata sulla strada intrapresa, ha fatto letteratura di quella che era la sua pena, è diventata scrittrice di questa, è diventata famosa per questa.

A procurare tanta notorietà alla Jackson hanno contribuito nelle sue opere anchequelle atmosfere cupe, tenebrose, minacciosedelle quali spesso le avvolge. Di genere gotico sono state considerate alcune e nei tormenti, nelle angosce sofferte da lei bambina è stata indicata la loro origine, la loro spiegazione.

Anche nei tre racconti della raccolta La ragazza scomparsa, che quest’anno è stata riproposta da Adelphi, ritornano i contenuti propri della scrittrice. Di questi racconti due risalgono agli anni ’50 mentre il terzo è stato pubblicato postumo, nel 1996. La traduzione è di Simona Vinci.
I tre protagonisti dei racconti sono una ragazza, una giovane donnae un ragazzo. I due ragazzi stanno tentando di evadere dall’ambiente dove vivono, uno, Joseph, dalla famiglia, l’altra, Martha, dalla colonia estiva dove è stata mandata. Per entrambi saranno esperienze negative: Martha morirà impigliata tra i rovi del bosco dove aveva iniziato la fuga e Joseph rimarrà sconvolto quando la polizia arresterà la signora che aveva viaggiato con lui e che non aveva immaginato colpevole di un qualche reato.
La giovane donna, Miss Morgan, sarà chiamata a vivere un’esperienza superiore alle sue capacità, alle sue forze. Si confonderà, si perderà tra le vie di New York inseguita da una voce che la chiama e lo farà perché così ha voluto il suo capoufficio, l’uomo dal quale dipende.
Ancora una volta la Jackson è tornata a dire di evasioni, di aspirazioni non riuscite, di pene subite, ancora una volta è stata scrittrice di sé e oscuro, pauroso è stato il tono.Non è facile essere sempre nuovi, riuscire sempre benequando si torna sempre sui propri passi!

Antonio Stanca