di Antonio Stanca –

Lo scorso Maggio, per conto del Distributore Nazionale Pieroni nella serie “Narrativa”, è comparsa La sposa, una raccolta di racconti dello scrittore triestino Mauro Covacich. La pubblicò nel 2015 presso Bompiani con l’intenzione di continuare l’operazione iniziata nel 1998 con Anomalie, quella, cioè, di presentare “un flusso di pensieri sul presente”, di mostrare situazioni, eventi quanto mai attuali ma particolari, insoliti e capaci di servire, valere più degli altri. Sono fatti, personaggi veri, semiveri, inventati, e tutti concorrono a creare una dimensione diversa rispetto alla solita, un’angolazione strana che si aggiunge a quella già esistente, la completa.

Covacich è nato a Trieste nel 1965, ha cinquantotto anni e nel 1990, quando ne aveva venticinque, si era laureato in Filosofia. Andato a Pordenone per lavorare presso il Dipartimento di Salute Mentale, qui nel 1993 aveva pubblicato il primo lavoro, Storia di pazzi e di normali, una raccolta di saggi narrativi. Altri ne avrebbe scritto in seguito ma si sarebbe dedicato soprattutto ai romanzi e ai racconti. Saranno questi a procurargli, da parte dell’Università di Vienna, una borsa di studio che gli consentirà d’insegnare scrittura creativa in università europee e americane. Nel 2000, però, lascerà l’insegnamento per praticare quasi esclusivamente la scrittura narrativa. Nel 2005 da Pordenone si trasferirà a Roma dove scriverà soprattutto romanzi e racconti. Alcune di queste narrazioni avrebbero avuto una riduzione teatrale, altre sarebbero state premiate e tra queste La sposa sarebbe stata finalista al Premio Strega e al Premio Chiara. In entrambi era giunta seconda.

Anche insegnante nelle scuole è stato Covacich, autore di documentari, reportage e videoinstallazioni, anche televisione e giornalismo ha fatto. Molto ha fatto pur se non tanto avanti negli anni. Soprattutto ha scritto e scrive. Si può dire che di narrativa pubblichi quasi in continuazione e che riesca sempre ad attirare l’attenzione sia per il linguaggio, chiaro e rapido, sia per i contenuti diversi, non comuni e sempre attuali, sempre immediati. I racconti de La sposa potrebbero servire ad esemplificare questa maniera di scrivere iniziata con i racconti di Anomalie. Si tratta di diciassette storie che si muovono tra realtà, invenzione e autobiografia, che unite, collegate sembrano tra loro perché tutte al tempo più presente, alla vita più imminente appartengono. È questa atmosfera che le unisce, è questo movimento unico, uguale per tutte. È come se succedessero tutte insieme anche se in posti diversi e con persone diverse, come se della vita vasta e varia volessero essere le prove. Anche se alcune sono inventate, scritte da Covacich sembrano vere perché sua intenzione è far vedere quante stranezze ci possono essere nella vita, quante altre cose rispetto alle solite vi possono rientrare, quanto ampliata può essere la visione, la concezione della realtà.

Le due donne che, vestite da sposa, girano il mondo in autostop vogliono significare i tanti modi con i quali nei diversi paesi del pianeta viene inteso e vissuto il rapporto coniugale. Il buon padre di famiglia che compie attentati dinamitardi nei supermercati vuol dire che tanto tranquilla non è la vita delle brave persone. La donna sbranata da un branco di lupi poiché ad essi vuole subentrare nella direzione di una casa rappresenta la condanna di un’azione ingiusta. Lo zio che gioca col nipote, che gli dedica tanto del suo tempo ma che pensa pure a quanto sta perdendo nella sua carriera è un esempio della particolare situazione che si è creata oggi nelle famiglie dove divisi sono ormai i genitori tra gli interessi per i figli e quelli per sé stessi. Sono problemi giunti con i tempi, sono nuovi, sono diversi, si prestano a tante soluzioni, comprendono tanta vita. Covacich li va a trovare e ne offre una rappresentazione quanto mai mossa, animata. Non li discute, li mette in scena e in modo così attento da non tralasciare alcun particolare, da coinvolgere chi legge già dalle prime righe. Uno scrittore ma soprattutto un animatore va considerato: l’attualità della quale si propone di dire è tanto vera, tanto varia, tanto presente da sembrare di assistervi più che di leggerla. Una serie di scene, di spettacoli: è questa l’impressione che si ha con Covacich.

Antonio Stanca