Il mondo capovolto di Eugenia Roccella
di Marcello Buttazzo –
Ho letto con attenzione l’intervista alla ministra della Famiglia Eugenia Roccella, apparsa su “La Gazzetta del Mezzogiorno” (sabato 8 luglio). Il Bari Pride ha contestato la ministra, che notoriamente non ha una visione morbida e conciliante sulle libertà per tutti i tipi di famiglie. Dico, preliminarmente, che personalmente per mia inerente cultura liberale farei sempre parlare le persone. E a Roccella, in qualunque consesso, farei presentare il suo libro “Una famiglia radicale”. Per di più la sua vecchia storia politica è davvero interessante, visto che da giovane ha avuto l’opportunità di frequentare Marco Pannella e le sue nobili idee progressiste. Nell’intervista, tuttavia, la ministra Roccella disegna un mondo capovolto. Sostiene che il governo sul fronte Lgbt non abbia d’una virgola cambiato le regole esistenti. Sì, in parte, è vero. Ma non permettere la trascrizione all’anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali e non concedere innocui patrocini (Regione Lazio) al Pride sono vere e proprie dichiarazioni di guerra.
“Quanto all’aborto ho sostenuto quello che le femministe dicono da sempre”, ritiene la ministra. Non mi risulta che il variegato universo femminista affermi che “l’aborto non è un diritto della donna” (Roccella dixit). Personalmente rispetto, ma non condivido affatto il pensiero retrivo di Eugenia Roccella, che declama: “La destra oggi al governo non nega in alcun modo la libertà sessuale, ma difende princìpi semplici, come il fatto che nasciamo con un corpo sessuato, da un uomo e da una donna, che i bambini non si comprano, che gli uteri non si affittano”. Questa destra italiana di governo, per malcelata propaganda confessionale, riconosce solo la famiglia naturale o tradizionale. Ha una concezione molto antica e anacronistica, questa destra. Inoltre, ricorderei a Roccella che la restrittiva legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita già vieta il ricorso alla maternità surrogata. Ma la pretesa abnorme del suo governo, cioè quella di rendere il cosiddetto “utero in affitto” reato universale, è un semplice pasticcio, un impraticabile obbrobrio legislativo. Infine, inviterei la ministra Roccella ad essere più contemporanea.
Nell’era delle biotecnologie, la libertà riproduttiva, in rigorosi quadri normativi, dovrebbe essere garantita in un Paese civile e libero anche alle coppie omosessuali. Dire “i bambini non si comprano”, “gli uteri non si affittano”, sono solo frasi ad effetto. Se si ricordasse, Eugenia Roccella, un pochino il suo passato radicale, capirebbe che esiste anche la regolamentazione. La maternità surrogata filosoficamente, da un punto di vista laico e liberale, può essere vista come un dono. Perché ogni figlio che nasce è sempre una prerogativa d’amore.
Marcello Buttazzo
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