di Antonio Stanca –

L’anno scorso nella “Universale Economica” della Feltrinelli è comparsa la quarantaquattresima edizione di Pappagalli verdi (Cronache di un chirurgo di guerra) di Gino Strada.

Nato a Sesto San Giovanni nel 1948, Strada è morto a Rouen nel 2021. Aveva settantatré anni e tanto aveva visto, tanto aveva fatto. Si era formato in un ambiente cattolico, durante gli anni universitari, a Milano, aveva aderito al movimento contestatore, si era mostrato incline a promuovere, formulare progetti che avessero una funzione collettiva, sociale, servissero, valessero per tutti. Per il bene comune, per un diffuso stato di pace era convinto che si dovesse operare e così aveva fatto dopo la laurea in Medicina. Si era specializzato in Chirurgia d’urgenza, aveva lavorato all’estero, Stati Uniti, Inghilterra, Sudafrica. Altre sue specializzazioni erano state Chirurgia Cardiopolmonare, Chirurgia Traumatologica e cura delle vittime di guerra. Durante gli anni Novanta per conto della Croce Rossa Internazionale era stato in molte zone di guerra, Iran, Iraq, Pakistan, Afghanistan, Angola, Etiopia, Somalia, Bosnia-Erzegovina, Perù. Nel 1994 insieme a colleghi e altro personale sanitario aveva fondato a Milano l’Associazione Umanitaria Internazionale Emergency. Sue sedi saranno ovunque ci sia guerra, sue finalità quelle di impegnarsi gratuitamente nella riabilitazione delle vittime. Presidente dell’Associazione sarà la moglie Teresa Sarti e dopo la sua morte, avvenuta nel 2009, la figlia Cecilia. Per molti anni Emergency svolgerà il suo lavoro in tante parti del mondo, aiuterà, curerà, salverà tante vittime delle tante guerre che ormai avvengono e Strada si farà notare come uno dei medici più solerti, più capaci. Non si limiterà a fare lo specialista, ad operare, ma si dedicherà anche a lavori manuali, di preparazione, di costruzione, sarà vicino a chi ha bisogno, diventerà suo amico, mostrerà di possedere non solo ottime qualità professionali ma anche grandi risorse fisiche, grandi virtù umane, morali, spirituali. Un attivista e un filantropo d’eccezione si rivelerà oltre che un bravo chirurgo: erano compiti che per lui non potevano essere distinti, era una convinzione che gli proveniva dall’educazione cattolica ricevuta e conservata nei principi fondamentali anche quando era diventato ateo. Molti premi riceverà. In molti paesi, in molti ambiti gli verranno riconosciute qualità, azioni straordinarie. Un livello internazionale raggiungerà la sua figura, molto popolare diventerà il suo nome. Lo si vedrà impegnato in difficili situazioni politiche, sarà proposto per incarichi di rilievo, un suo contributo, un suo intervento sarà richiesto in circostanze complicate, in gravi casi di pericolo. Simbolo di virtù ma anche di ragione, di equilibrio diventerà. Lo si deduce dai suoi libri che della sua vita, delle sue esperienze sono il riflesso. Non era stato molto convinto, molto disposto a scrivere. Non si sentiva. Vi aveva ceduto solo perché sollecitato dall’amico editore Carlo Feltrinelli. Era nato così questo primo Pappagalli verdi. Si compone di una serie di brani, sono come dei racconti e si riferiscono, ognuno, ad una sua esperienza su fronti di guerra. Era stato su tanti, in tante parti dell’Africa e dell’Asia e nel libro compie un’operazione di recupero di quella sua vita, di ricordo di quei suoi tempi, dei tanti casi nei quali era intervenuto. E così vero, così sciolto è il linguaggio che sembra quasi di vederlo in tutte le situazioni che vive, tra i tanti interventi che compie, tra le tante persone che incontra. Molte e tristi vicende, molta storia fa conoscere Strada tramite quest’opera. Tutto coglie, non si limita a sé, al suo lavoro, ma riporta anche quanto gli succede intorno. Dice dei villaggi, delle capanne, delle città, delle case, delle strade, delle campagne, delle piante, delle acque, delle luci, dei colori di zone della terra che erano rimaste remote e che da lui sono state avvicinate, mostrate, spiegate. Ha scoperto tanti segreti Strada mentre faceva il chirurgo di guerra, mentre salvava tante vite, mentre vedeva tante morti. La sua non è stata solo cronaca. Tanti pensieri, tante emozioni ha trasmesso, quelle che ha provato di fronte ad una natura che non finisce mai di sorprendere, di meravigliare ma che fa pure assistere a gente priva di ogni mezzo, a rivalità secolari, a guerre sanguinose. Come può succedere tutto questo? Come si può essere così crudeli? Perché tanti feriti, tanti morti in luoghi così poveri? Sono domande che Strada si pone sempre nel libro, sono problemi che non smettono di assillarlo. È stata la sua volontà di bene a portarlo in quei posti ma non poteva immaginare quanto male avrebbe trovato, non poteva pensare che la guerra, i suoi orrori fossero diventati una realtà come ogni altra.

Solo arriverà a sentirsi di fronte a tanta rovina, solo, incapace di ridurla, eliminarla. Soffrirà ma non cesserà di sfidarla: lo farà sul campo, curerà i feriti, e nella vita, sarà il portavoce di un ideale di pace da perseguire a livello esteso, sociale, politico.

Il dottore era diventato lo scrittore e il sostenitore di un bene comune, era sempre vissuto tra il pensiero e l’azione. Non aveva avuto paura di esporsi in prima persona Strada, non aveva evitato l’impegno, il lavoro concreto in nome di un’idea.

Ci vuole altro per parlare di lui come di un eroe?

Antonio STanca