Antonio Stanca –

Nella collana “Universale Economica”/ NOIR della Feltrinelli è stato riedito di recente il romanzo Lo sconosciuto delle poste della francese Florence Aubenas. La traduzione è di Cinzia Poli. L’opera risale al 2021. Giornalista, saggista, scrittrice è l’Aubenas. È nata a Bruxelles nel 1961, ha studiato nella Scuola Europea di questa città e nel 1984 si è laureata presso il “Centro di Formazione dei Giornalisti”. Inizia a lavorare al settimanale francese Le Nouvel Economiste, passa, nel 1986, al quotidiano Liberátion. Nel 2006 lo lascia per un altro settimanale, Le Nouvel Observateur. Dal 2009 al 2012 dirige l’“Osservatorio internazionale delle carceri” ed infine è corrispondente per il quotidiano Le Monde riguardo alla guerra civile siriana. Per molti anni ha lavorato nel giornalismo la Aubenas. Di carattere internazionale sono stati i suoi interessi, di genere politico, sociale, civile, economico, morale, religioso. Anche saggi ha scritto a questo proposito. Famoso è La banchina di Ouistreham del 2010, che tratta dei disoccupati in Francia. L’opera otterrà molti riconoscimenti e una trasposizione cinematografica. Di altri saggi sarà autrice ma anche di romanzi ed anche questi risentiranno di quell’inclinazione a svolgere problemi sociali che tanto ha segnato il suo giornalismo e la sua saggistica. Anche molto della sua vita privata ha trovato riflesso nella sua narrativa, molto di suoi incarichi per giornali o altri servizi pubblici, di sue esperienze dirette quale quella vissuta nel 2005 a Baghdad, dove si stava occupando dei rifugiati di Falloujah. Era stata rapita col suo accompagnatore e sarebbero stati liberati dopo più di cinque mesi solo grazie a insistenze, pressioni di vario genere e di varie istituzioni.

Donna di pensiero e di azione è la Aubenas anche adesso che ha sessantadue anni, anche adesso non s’impegna mai in un solo senso. Una missione sembra che si sia assunta in difesa delle classi sociali più deboli, un’operazione da svolgere nelle parti, nei paesi, nei popoli della terra più arretrati, più in difficoltà. Per un miglioramento delle condizioni di particolari fasce della popolazione mondiale, per un riscatto, una rivalutazione di quanti sono stati e sono ingiustamente considerati colpevoli, accusati, per un recupero, un reinserimento di quelli rimasti superati o che hanno scelto di escludersi, di fare la vita della strada, del furto, della droga e di quanto vi fa parte, per tutta questa umanità viaggia, parla, scrive, si prodiga la Aubenas. Anche queste persone pensa che meritino un decoro, una dignità, che debbano essere rispettate, stimate. È il tema centrale di tutto il suo impegno intellettuale e materiale, è il fine ultimo di tutto il suo pensiero, di tutta la sua azione. Non si distingue, nell’Aubenas, tra la giornalista, la saggista, la scrittrice e la donna, unite sono tutte nello stesso spirito, non c’è idea che sia diversa dalla realtà, che non voglia modificarla, migliorarla. Così ne Lo sconosciuto delle poste, dove la scrittrice ritorna su un grave episodio di cronaca nera, l’omicidio di un’impiegata postale avvenuto nel 2008 a Montréal-la-Cluse, un paese al confine tra la Svizzera e la Francia. La donna aveva quarant’anni, era in stato interessante ed è stata barbaramente accoltellata mentre lavorava nel suo ufficio. Era un piccolo ufficio di periferia, era l’unica impiegata e molte volte era completamente sola. Questo aveva favorito l’azione criminale. Si chiamava Catherine Burgod, conosceva tutti e tutti la conoscevano e la stimavano per il garbo, la disponibilità. Lasciatasi col primo marito stava con un altro uomo, pure lui molto apprezzato, da lui aspettava un figlio. L’ambiente intorno era quanto mai tranquillo, non c’erano situazioni, motivi di tensione a livello individuale o collettivo. Meta di turisti, di villeggianti erano quei paesi, i loro boschi, il loro lago. Solo da poco si stava sviluppando l’industria della plastica e si assisteva ad un certo movimento di persone e di cose. Non era concepibile, ammissibile che in un posto simile fosse avvenuto un tale misfatto e le indagini della polizia che si prolungheranno per tanto tempo, dieci anni, senza alcun esito confermeranno questa situazione di quiete diffusa. Anche lei, la Aubenas, era stata inviata sul posto dal suo giornale per svolgere un’inchiesta. Vi rimarrà per sette anni, la sua diventerà un’indagine estesa a tanti luoghi, tante cose, tante persone, il suo lavoro diventerà il suo romanzo. Tutto mostrerà di quegli ambienti, di quegli anni, del processo, dei giudici, degli inquisiti. Tra questi l’attore Gérald Thomassin, allora molto noto, che lì villeggiava sarà il primo sospettato perché strano nel suo comportamento, sempre diviso tra virtù e vizi. Si aggiungeranno un suo ex compagno di avventure, Nain, e un autista di ambulanze di origine guineana. I primi due non risulteranno colpevoli e moriranno mentre il processo sta per concludersi. Rimarrà l’autista a caricarsi tutta la colpa della brutta vicenda.

Immenso è stato il movimento che si è sviluppato nel corso dell’opera. Tanta, tantissima vita ha fatto conoscere la Aubenas mentre faceva il suo servizio riguardo al caso in esame. In effetti quell’omicidio era stato veramente compiuto in quei luoghi, in quei tempi. La Aubenas ha voluto riandarvi, riscoprirlo, mostrarne i protagonisti, le vittime, i sospettati, i colpevoli e quante altre persone c’erano state intorno. È un’analisi ampia, accurata, minuziosa quella che compie, sono persone veramente esistite molte di quelle mostrate, è storia vera molta di quella raccontata. Storia che l’Aubenas ha saputo far diventare romanzo perché capace è stata di combinarla con i pensieri, i sentimenti di quelle persone, con la loro vita. Non le ha risparmiate nei loro difetti, nei loro vizi ma ha mostrato pure come anche le più disperate possano valere, aspirare ad una posizione, ad una funzione, come anche un gesto così grave possa essere spiegato, capito. È il motivo che muove sempre la Aubenas qualunque sia il suo impegno, è l’intento che la fa riuscire sempre bene nelle sue opere, crede sempre possibile la salvezza, non la esclude nemmeno nei casi peggiori.

Una concezione umanitaria diventata capace di una propria voce è la sua! Quasi una dottrina religiosa!

Antonio Stanca