di Antonio Stanca –

Lo scrittore francese Maxence Fermine è nato ad Albertville nel 1968 e dopo essere vissuto fino all’adolescenza a Grenoble è stato a Parigi per molti anni. Ha frequentato per poco tempo la Facoltà di Lettere, poi è partito per l’Africa e in Tunisia ha svolto lavoro d’ufficio. Rientrato in Francia e ottenuto un gran successo col primo romanzo, Neve, del 1999, si è dedicato alla scrittura e all’attività di reporter. Vive in Alta Savoia. Molti sono i romanzi e i racconti che ha scritto se si pensa che ha solo cinquantaquattro anni e che ha svolto anche altri lavori. Ampiamente premiate e tradotte sono state le sue narrazioni. Facile, naturale gli riesce scrivere, costruire delle trame, immaginare delle vicende, svolgerle, condurle verso esiti altamente significativi per il loro valore umano, morale, spirituale, per la loro dimensione individuale, sociale. In generi diversi si applica. Capace è di muoversi tra realtà e finzione.

Va notato che per Fermine c’è una vita che si agita dietro le apparenze, una vita segreta, nascosta che può portare al danno, alla rovina ma che può essere combattuta, vinta anche se a costo di lunghi sacrifici, di faticosi impegni. Molto può avvenire nell’animo umano, ci può essere posto per il bene e per il male, possono provenire dalle proprie inclinazioni o da quanto avviene intorno, vicino a noi, in casa, in famiglia, in società. A vere e proprie devastazioni della persona, dell’ambiente si può giungere ma anche al loro recupero, alla loro riabilitazione. La vita si può complicare in maniera irreversibile ma si può risolvere nel migliore dei modi: così pensa Fermine e così scrive in molte sue opere compresa questa intitolata Il palazzo delle ombre. Risale al 2014 ed ora è ricomparsa nella serie “I Grandi Tascabili Bompiani” con la traduzione di Chiara Lurati.

Qui i due aspetti della vita, della storia, il bene e il male, quelli tra i quali lo scrittore intende rappresentare il confronto, sono separati, sono impersonati da due fratelli, Hugo e Hadrien Thanner. Sono i discendenti ultimi di un’antica famiglia di origine ebrea stabilitasi a Parigi nei tempi passati e venuta in possesso di una casa imponente, simile ad un castello, detta Palazzo delle ombre. I due vivevano tra disagi, privazioni giacché in crisi era andata la loro famiglia. Avevano cominciato a credere che le loro sfortune, le loro disgrazie fossero da attribuire a quanto di misterioso, di sacrilego, di maledetto circolava intorno al Palazzo delle ombre in seguito alle oscure, tragiche vicende delle quali erano stati vittima i vecchi proprietari. Hugo, borioso, insofferente, conduceva una vita disordinata, squattrinata, fatta di espedienti; Hadrien timido, debole, viveva nel silenzio. Quando Hugo avrà un incarico presso un giornale crederà di essere diventato il migliore, penserà di fare lo scrittore, di ottenere un grande successo, si unirà alla giovane e bellissima Rebecca Zyzek, donna di spettacolo. Di questa s’innamorerà anche Hadrien, la bellezza di lei e la semplicità di lui s’incontreranno, entreranno in relazione. Si ameranno, avranno un figlio, Nathan. Non potranno, però, nascondersi a lungo e scoperti da Hugo saranno da lui perseguitati, minacciati finché lei non morirà in un incidente e lui, iniziata la guerra, non sarà venduto ai tedeschi dal fratello in cambio della propria libertà. Il piccolo Nathan verrà affidato ai nonni materni.

Passeranno gli anni: Hugo perderà il rapporto col giornale, rinuncerà ai sogni di gloria e accetterà una condizione di vita, sempre più ritirata tra le mura del palazzo; Hadrien, che tutti credevano morto in un campo di sterminio, riuscirà a salvarsi, tornerà a Parigi dopo la fine della guerra e, nonostante le precarie condizioni di salute, comincerà a scrivere di quanto aveva sofferto, dei luoghi attraversati, delle pene subite. Si era riconciliato col fratello, era andato a vivere e a scrivere nel suo palazzo. Dal 1946 in poi aveva scritto alcuni romanzi che Hugo aveva provveduto a far pubblicare presso un’importante casa editrice e dei quali si era dichiarato l’autore. Aveva conosciuto il successo sempre sperato ma non era durato giacché quando Hadrien riprenderà i contatti col mondo esterno scoprirà l’inganno. Glielo rimprovererà insieme ai tanti altri dei quali era stato capace nei suoi riguardi e lo costringerà ad una vergogna dalla quale non avrebbe saputo riprendersi se non con il suicidio. Poco prima di darsi la morte Hugo scriverà a Nathan, ormai adulto, proprietario di un negozio di marionette e al quale aveva sempre fatto credere di essere il padre. Nella lettera gli comunicava di averlo nominato unico erede del Palazzo delle ombre e di tutto quanto vi era collegato tramite un testamento depositato presso un notaio. Lo avvertiva pure di alcuni problemi, di alcuni impedimenti che doveva risolvere prima di entrare in possesso dell’eredità. Tra questi c’era il ritrovamento del manoscritto del romanzo Il palazzo delle ombre che si attribuiva come ultimo suo lavoro prima di morire. Non era riuscito, diceva, a pubblicarlo e lo esortava a farlo dopo averlo ritrovato. Era un altro, era l’ennesimo inganno di Hugo: non solo non era il padre di Nathan ma non era nemmeno l’autore di quello e degli altri romanzi.

Di tutto questo arriverà a sapere Nathan solo alla fine, solo quando avrà cercato per tutta l’opera quel manoscritto, solo dopo che tanti terrori avrà accumulato in quel Palazzo che Hugo aveva reso pieno di trappole e di misteri. Dovrà giungere ad Hadrien, incontrarsi con lui, convincersi che non era morto e saprà tutta la verità, saprà che era suo padre, che era l’autore di quelle opere e che Hugo, fratello di Hadrien e zio di Nathan, non era stato altro che un impostore, un orditore di intrighi, un esempio di quanto male può annidarsi e svilupparsi nell’animo umano.

Sorprendente, coinvolgente è la narrazione del Fermine nonostante la sua ampiezza, la sua estensione a tante situazioni, a tanti personaggi. Non finisce mai d’interessare, di riportare al lungo percorso che compie il suo protagonista. E’ l’intera Parigi a venire attraversata, di giorno e di notte, da Nathan che mai cesserà di cercare, di chiedere da quando, all’inizio del romanzo, ha ricevuto la lettera di Hugo. Sarà lui a portare alla luce la storia della famiglia Thanner e il romanzo sarà il racconto, il lungo racconto delle sue tante scoperte. Sua sarà la voce narrante, quella che rifletterà ogni momento, ogni frangente di un’esplorazione che sembrava destinata a non finire tanto complicata era diventata. Solo di fronte a tutto e a tutti si troverà Nathan, avrà paura ma tornerà sempre sui propri passi quasi fosse una missione la sua. La risolverà, la concluderà. Sarà aiutato da Hannah, l’insegnante di violino con la quale ultimamente si è messo, e con loro un’altra volta e meglio mostrerà Fermine di essere riuscito a fare dell’amore, del bene un motivo di successo.

Antonio Stanca