di Antonio Stanca –

Fausto Romano, nato a Galatina (Lecce) nel 1988, ha studiato e si è specializzato in recitazione a Roma presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. A Roma vive e qui ha pure lavorato in teatro, ha realizzato dei cortometraggi che sono stati premiati. Un cantastorie si definisce per dire che il carattere principale della sua vocazione artistica è quello di narrare, rappresentare ed anche interpretare particolari situazioni della vita, complicate vicende umane e sociali. Nei romanzi più che altrove è riuscito finora in questo intento, in essi ha detto di quanto di strano, di difficile, di pericoloso può succedere oggi ad una persona, giovane o adulta, senza che abbia la possibilità di difendersi, allontanare, annullare la disgrazia che la investe. Una storia, appunto, può diventare oggi una persona e Romano di queste storie vuole essere lo scrittore, di queste persone vuole dire.

Nel romanzo d’esordio, Grazie per aver viaggiato con noi, che risale al 2013, scrive dello strano caso del dottor Giorgio Severini che, tornando in aereo a Roma da New York, rimane bloccato per una notte all’aeroporto di Parigi a causa di un errore d’ufficio e per aver smarrito i documenti. Quella notte gli servirà per ripercorrere quanto è stato della sua vita, per mettersi alla ricerca di quell’identità che le attuali, difficili circostanze gli hanno fatto apparire come perduta. Anche nel secondo romanzo, Anche i pesci hanno il mal di mare, 2016, torna il problema dello smarrimento, della confusione, della mancanza d’identità. Stavolta è vissuto dal giovane Bruno che dalla provincia è venuto a Roma in cerca di fortuna. Non riuscirà ad inserirsi ché molto diverso è il contesto da come, da cosa lui pensa o sa fare. Non si libererà mai dei tanti dubbi, delle tante incertezze che lo perseguitano, non saprà mai con precisione come comportarsi. Nel terzo romanzo, Ninnanò, pubblicato l’anno scorso da Alter Ego Edizioni, la vittima, lo sconfitto è un padre di famiglia, Lucio, che vive con la moglie, Caterina, e la figlia, Marika, a Terrazza, un piccolo paese dell’entroterra, silenzioso e sonnolento. Pochi abitanti, pochi uffici, poco movimento, poca vita. Lucio aveva pensato, fin da ragazzo, di dedicarsi alla musica, di diventare un cantautore. Non era riuscito, non era stato possibile e si era rassegnato a gestire una piccola foto copisteria senza, a volte, poter sostenere le spese da essa richieste.

Caterina è più giovane di lui, Marika ha cinque anni, una piccola famiglia che Lucio conduce senza molto entusiasmo, nella quale spesso non si riconosce, che non rappresenta per lui un valore, un ideale. In una condizione di passività, di quasi assenza vive la sua vita. A sollevarlo interviene qualche breve composizione musicale che scrive e interpreta con la chitarra ma che spesso abbandona, dimentica. Non così succede con Ninnanò, la ninna nanna composta per Marika e per lei suonata quasi ogni sera. Poco cambierà, tuttavia, in quella casa, il tono, il livello rimarrà uguale e per questo, per migliorare la condizione familiare, per assicurare un futuro a Marika, Lucio organizzerà un piano del quale faranno parte molte cose: un finto rapimento di Marika, un difficile ritrovamento, continui appelli di Lucio tramite mezzi televisivi e telematici, sue esibizioni, sue interpretazioni della famosa Ninnanò eseguite accompagnandosi con la chitarra e facendo credere che volessero essere un richiamo per la bambina scomparsa.Tutto per ottenere un collegamento, per farsi notare da un famoso cantante rock del momento, per essere da lui accettato, inserito nel suo gruppo, per diventare ricco, famoso e migliorare lo stato della famiglia e il futuro di Marika.

Sarà un percorso lungo, su questo si snoderà il romanzo con lentezza ed anche con ironia. Un poliziesco con molta fantasia diventerà, una lettura piacevole, facile che solo alla fine assumerà toni tesi, drammatici, solo quando Lucio vedrà fallire miseramente quanto aveva progettato e assisterà alla propria sconfitta.

Ad un ennesimo fallimento giunge lo scrittore con il suo ricorrente personaggio dell’uomo insoddisfatto, indeciso, insicuro, svogliato. Non trascura, però, Romano di far muovere intorno a quel personaggio tanta vita, tanta società, di mostrare gli ambienti, i modi che si sono ormai definiti e come in essi non ci sia posto per certe persone. È il tema che ritorna nello scrittore, quello del rapporto diventato quanto mai difficile tra i deboli e il mondo, tra chi non è fatto per l’azione e la vita d’oggi basata sul movimento, sulla determinazione, sulla precisione.

È il problema che Romano tratta nei suoi lavori senza mai appesantire la maniera espressiva, il problema che scorre quasi inosservato e che si fa scoprire gradualmente.

Antonio Stanca