Marcello Buttazzo – Venerdì 25 maggio, a Soleto, presso l’Opera Pia Beneficio Madonna delle Grazie, sarà presentata la raccolta poetica “Benedetta felicità” (Luca Pensa Editore, 2018) di Patrizia Masciullo. Dopo i saluti del sindaco Graziano Vantaggiato e del commissario straordinario dell’Opera Pia Marco Preverin, avrò il piacere, assieme a Enza Miceli (operatrice nei centri antiviolenza), di dialogare con l’Autrice del libro. Sulle strade dell’alterna e incerta ventura della vita, le persone sensibili, prima o poi, capita che si incontrino, che s’incrocino. Ho conosciuto Patrizia Masciullo in questi ultimi anni. Una donna accogliente e delicata, una docente accorata, appassionata, innamorata della poesia. Una donna attenta a costruire, passo dopo passo, con cura, la rete fitta e feconda e vivida d’amore dell’amicizia, che è una calia rara, un giacimento prezioso, da custodire, da coccolare, da vezzeggiare. La poesia di Patrizia Masciullo è musicale, con venature liriche. Una poesia lineare, che rifiuta gli artifici cerebrali e le strutture artefatte. È una poesia dell’anima, che va al cuore, ai nervi, alle fibre rossosangue, e induce a pensare. La scrittura è viaggio. Scrivere, tra le altre cose, vuol dire scandagliare a fondo la propria essenza, scavare fino alle scaturigini dei vissuti alla ricerca del proprio sé, con tutte le sue inerenti luci e le sue zone d’ombra. Questo percorso di ricerca, di scavo, non è sempre agevole; a volte, può essere anche difficoltoso, doloroso. La scrittura e la poesia consentono di conoscere meglio se stessi e di edificare un ponte con l’altro da sé. Ci può succedere, tramite il medium della scrittura, di arricchire noi stessi e di rinsaldare la nostra multiforme identità, sempre in dinamico divenire. Leggere un bel libro di poesie significa davvero compiere un viaggio gratificante sulle ali immaginifiche del conosciuto e dell’inconosciuto. “Benedetta felicità” di Patrizia Masciullo è un prezioso volume di liberi versi, di universi, di vissuti. Patrizia compie un viaggio dentro e attorno al proprio sé, senza infingimenti, senza moralismi. Fa un viaggio, ad ampio spettro, nella propria variegata e multiforme identità, emergendo limpida, chiara, ferma, essenziale. La sua è poesia d’amore e, in senso lato, poesia antropologica, che sa andare a fondo nei vissuti (gioiosi e travagliosi), con pazienza e sapienza rabdomantica. Leggendo i suoi versi, m’è venuto di dire che si tratti di poesia della consapevolezza. Mi pare che Patrizia, prima di approcciarsi alla scrittura, o comunque contemporaneamente, abbia compiuto un preliminare percorso sui selciati del travaglio, senza stagnare però nel limbo del dolore, nel vittimismo inutile, negli inconcepibili sensi di colpa. È vero che il dolore, se opportunamente analizzato, scomposto, ricomposto, metabolizzato, può anche giovare a favorire una bellezza seconda, stagione di riscatto e di nuove aurore. Patrizia Masciullo canta l’amore, clessidra inesausta del tempo, la Natura illesa, che brilla e scintilla, il sole, le stele, il mare, gli oceani, le lune. A un certo punto, quando innalza inni alla beltà del piccolo papavero e del filo d’erba, mi è sembrato di scorgere un umile anelito francescano. È proprio in questo cantare le cose semplici, essenziali, la forza della sua bellezza umana. La sua è poesia della libertà, che non si conquista di colpo, ma dopo un percorso lento, meditato, accidentato e comunque vario. La sua è poesia del Sogno, depositario del dio amore. Forse, la libertà e il Sogno sono davvero tutto ciò di cui disponiamo. È lecito veramente sognare, anche ad occhi aperti, se torniamo desti dal sonno. Nei versi di Patrizia ho trovato tante amorevoli invocazioni. Invocazioni alla luna, che vagola con il suo sorriso errante, invocazioni alla Terra, Madre eterna, tenera e forte, calda e feconda. I versi di Patrizia sono soprattutto un inno alla infinità del Creato. I versi di “Benedetta felicità” sono un inno ragionato all’armonia, che l’Autrice ha saputo costruire nel suo passo. Poesia della luce, che Patrizia continua a ricercare nel sempiterno cammino umano, magari per vie tortuose e poco battute. La luce da raggiungere come avventura e conquista. Patrizia attende con fiducia l’aurora. E i primi lucori del giorno compagno. Per Patrizia la poesia è un discorso mai concluso, mai conclusivo. La poesia per lei è un perenne cammino.

Marcello Buttazzo