di Antonio Stanca –

André Aciman è uno scrittore e saggista di origini egiziane ma naturalizzato americano. E’ nato ad Alessandria d’Egitto nel 1951. In seguito la famiglia, a causa di remote ascendenze turche-ebree, ha dovuto trasferirsi prima a Roma e poi a New York. Qui André ha completato gli studi, si è laureato e attualmente insegna Letteratura Comparata presso la City University. Vive a Manhattan con la moglie, i figli e si dedica pure alla saggistica e alla narrativa. E’ vissuto in molte città, in molti paesi, conosce molte lingue, la sua formazione risente di ambienti, avvenimenti diversi, di diverse culture. Sono un chiaro riflesso di tale ampiezza i suoi romanzi poiché ambientati in tanti posti, carichi di tante vicende, percorsi da tanti personaggi. In genere sono vicende d’amore e ricorrente è in Aciman la tendenza a mostrare come nascono, si sviluppano, si complicano, finiscono. Si potrebbe dire che i suoi sono veri e propri drammi, che ogni volta, in ogni opera, importante è per lo scrittore osservare quanto grave può essere per l’animo umano una pena d’amore, a quali pensieri, a quali azioni può portare. Profonda, intima oltre ogni limite è l’analisi che Aciman compie dei suoi personaggi, non cessa mai di aggiungere altro a quanto sta succedendo nei loro pensieri, nei loro sentimenti, è un processo inarrestabile, implacabile, aderisce al travaglio, al tumulto interiore che si sta verificando.

Grandissimo successo ha ottenuto lo scrittore nel 2007 col primo romanzo, Chiamami col tuo nome. L’opera ebbe una trasposizione cinematografica e nel 2019 Aciman la continuò con Cercami. Anche l’anno scorso si è fatto notare col breve romanzo Mariana, che Guanda ha pubblicato quasi subito con la traduzione di Valeria Bastia. Anche qui lo scrittore riprende i suoi motivi preferiti. Stavolta l’idea gli è venuta dal vecchissimo romanzo epistolare Lettere di una monaca portoghese. Tradotto in francese, era stato pubblicato la prima volta a Parigi nel 1669 e Aciman, nella postfazione di Mariana, dice di averlo letto molti anni addietro rimanendone ammirato. E’ un’opera di dubbia attribuzione che, però, ebbe allora larghissima diffusione nei salotti parigini e negli ambienti culturali dell’intera Europa. Ebbe pure molte imitazioni. Nuovo, insolito è l’argomento per quei tempi, incuriosisce, attira, fa scandalo. Si tratta di cinque lettere scritte da una suora ad un ufficiale francese che, venuto in Portogallo per motivi militari, l’aveva sedotta e abbandonata. Colpisce, nota Aciman, la maniera remissiva, indulgente con la quale la suora si rivolge, nelle lettere, all’uomo che tanto male le ha fatto. Non lo vede come un colpevole, gli perdona il comportamento anche se lei è rimasta a struggersi nel convento e nel ricordo dei momenti trascorsi insieme, dell’amore, del piacere, della passione che li aveva travolti. Con lui le si era dischiuso un mondo completamente nuovo, si era innamorata, si era sentita partecipe di un’altra dimensione. Averla persa l’ha fatta precipitare in uno stato di smarrimento. Ma di questo non accusa l’uomo, a lui dice di essergli grata per averla resa felice anche se per poco tempo, per averle procurato un pensiero che l’aiuta ora che sola è tornata a stare. Il pensiero di lui la solleva, le fa superare la condizione di solitudine. Ancora bene gli vuole e sempre gliene vorrà anche se male l’ha trattata.

Come la suora del convento portoghese anche la Mariana del romanzo di Aciman è stata sedotta e abbandonata e come lei è diventata vittima di tristi pensieri, come lei parla in prima persona. Ognuna racconta la sua storia.

Mariana era una giovane ragazza americana venuta in Italia, a Milano, per un breve periodo di tempo e per motivi di studio presso l’Accademia d’arte. Qui aveva conosciuto il giovane pittore Itamar, bello, affascinante. S’innamorerà subito, staranno insieme, si ameranno, cercheranno i piaceri del sesso, quelli più sfrenati. Lei, che mai era stata con un uomo, penserà di aver iniziato una vita nuova, diversa, la crederà senza fine. Non durerà molto, invece. Itamar diventerà sfuggente, verrà meno alle sue promesse, scomparirà e riapparirà mostrando di non tenerci più a Mariana. Questa soffrirà di una simile situazione, rimarrà confusa, disorientata, non saprà come, cosa fare, si dividerà tra tanti pensieri, propositi, comportamenti. Tra l’altro penserà di mostrarsi fredda, distaccata nei confronti di Itamar, che è costretta a vedere ogni giorno in Accademia. Cercherà di evitarlo, ridurrà al minimo i loro scambi. Lui farà lo stesso ma non gli riuscirà difficile, lo ha fatto con tante donne. Per lei, invece, sarà un problema perché nonostante tutto continuerà a pensarlo, ad amarlo, non riuscirà a disprezzarlo. Si accontenterebbe di qualunque cosa, una stretta di mano, una carezza, un bacio. Anche del ricordo finirà con l’accontentarsi e lo scriverà in una lettera che non invierà.

Per Mariana era stata così travolgente quell’esperienza che non se ne sarebbe mai liberata, non l’avrebbe mai considerata finita, mai si sarebbe arresa all’idea di non poterla ripetere. Ed anche quando di essa niente le sarà rimasto vivrà del suo ricordo, le sarà di aiuto.

La suora allora e Mariana ora: di niente altro che del loro animo, delle loro gioie, delle loro pene hanno fatto sapere lo sconosciuto autore di prima e il chiarissimo Aciman di adesso. Profondi, immensi, infiniti sono stati per un intero libro. E’ bastato loro muovere da una circostanza semplice per iniziare un discorso interminabile, per svilupparlo nei più complicati risvolti, per costruire un romanzo.

Due personaggi diversi, lontani hanno avuto la stessa sorte, due scrittori l’hanno riferita, ogni distanza, ogni differenza hanno annullato.

Antonio Stanca