di Antonio Stanca –

A Gennaio di quest’anno, allegato al “Corriere della Sera”, è uscito Amelia Earhart della giornalista Anna Consilia Alemanno. Il volume fa parte della serie “Grandi donne della storia” promossa dal “Corriere” e curata da Barbara Biscotti. E’ una monografia della famosa aviatrice americana nata ad Atchison, Kansas, nel 1897 e scomparsa, insieme al suo piccolo aereo e al copilota Fred Noonan, nelle acque dell’Oceano Pacifico nel 1937. La Earhart aveva quarant’anni e stava compiendo col suo Lockheed Electra e l’amico Fred la circumnavigazione del globo, la più ardita, la più pericolosa tra le imprese aviatorie da lei compiute. Non le era riuscita e non si è ancora capito cosa è veramente successo, se ci sia stato un guasto al motore, perché il velivolo è precipitato, perché non si è trovato alcun resto suo e dei due piloti nonostante siano state fatte molte e prolungate ricerche. Quella morte, così tragica, così misteriosa, avrebbe fatto entrare nella leggenda la figura di Amelia Earhart, ne avrebbe fatto un mito, avrebbe consacrato per sempre il suo nome, la sua fama.

Ai primi del ‘900 gli aerei rappresentavano una novità e ancor più il loro uso, che era ridotto all’ambito privato, era un’impresa compiuta da pochi esperti e in paesi quali gli Stati Uniti, l’Inghilterra e altri dove più sentita, più diffusa era quell’atmosfera di novità, di scoperta, quella sensazione di energia, di forza, di progresso che l’inizio del nuovo secolo aveva suscitato. Nonostante tutto anche in quell’America, in quell’Inghilterra, in quei paesi che si volevano nuovi, moderni, potenti, la vita, la posizione della donna era limitata, ridotta entro confini piuttosto ristretti. Difficile era pensare che una donna potesse dedicarsi all’aviazione, fare l’aviatrice, la pilota di un aereo, volare in compagnia o da sola, con soste o senza, per molto o poco tempo. Alcune lo avevano fatto, altre lo facevano ma molto avevano dovuto e dovevano lottare contro l’opinione della famiglia e della società, contro le convenzioni, i costumi diffusi che non ammettevano, non facevano rientrare tra le attività femminili quella del volo aeronautico poiché si pensava che non si addicesse ad una donna e che fosse pericoloso. Gli stessi problemi aveva dovuto affrontare Amelia in casa e fuori quando aveva mostrato di volersi dedicare all’aviazione.

Aveva una sorella più piccola, Muriel, erano nate e cresciute in casa dei nonni materni, nel Kansas, ma in seguito, a causa del lavoro del padre, avevano dovuto spostarsi più volte, frequentare scuole diverse in città diverse, fare nuove amicizie, adattarsi a nuovi ambienti. In casa succederà pure che Amelia, da bambina, assista ai problemi sorti tra la madre e il padre a causa dell’alcolismo di lui. Si separeranno, ritorneranno insieme, si separeranno di nuovo, poi nel 1930 il padre morirà.

Amelia, intanto, aveva completato gli studi, si era impegnata, aveva lavorato in molti posti quasi sempre come assistente sociale, aiuto medico, infermiera. Aveva svolto attività di aiuto a persone bisognose, malate, sole, che si trovavano in case di cura, ospedali o altri luoghi di ricovero. Un aspetto solidale, un fine morale, sociale aveva avuto il suo lavoro, aveva rispecchiato il suo carattere sempre attento ad intervenire, a partecipare ove ci fosse bisogno. Mentre svolgeva quegli impegni aveva frequentato una scuola di volo poiché intraprendente era pure il suo spirito oltre che disposto verso il bene. La visione dell’immensa, infinita vastità del cielo l’aveva attirata fin da bambina, il pensiero di percorrerla, attraversarla, andare oltre la terra, volare, giungere lontano da quanto si vede, si sente, l’aveva affascinata. Le storie, le favole dei nonni avevano alimentato, rafforzato tale sua disposizione verso l’ignoto, verso il mistero. Le notizie che ormai si diffondevano circa i primi voli e le prime donne aviatrici l’avevano entusiasmata.

Andare tra le nuvole, superarle, veder scomparire la terra, il mare, essere nello spazio, stare sopra tutto e tutti, era diventata la sua più grande aspirazione. L’aveva perseguita con fermezza, con convinzione, non aveva tenuto conto dei richiami della famiglia, dei pregiudizi dell’ambiente anche perché animata, sorretta era dal pensiero di mostrare quanto la donna fosse capace di fare, come riuscisse pur in azioni ritenute di interesse, capacità soltanto maschile.

La guida degli aerei migliorerà tramite la scuola di volo, si eserciterà a lungo, compirà le prove più spericolate finché nel 1922, a venticinque anni, col suo primo piccolo aereo stabilirà il record femminile di altitudine. Nel 1928 attraverserà, prima donna, l’Oceano Atlantico, nel 1929 sarà eletta Funzionario della National Aeronautic Association, nel 1930 stabilirà il record di velocità femminile, nel 1932 volerà da sola sull’Atlantico, nello stesso anno di nuovo da sola volerà lungo l’intera costa americana e verrà eletta Presidente della Ninety Nines, un club di aviazione femminile da lei fondato. Nel 1935 verranno altre grandi imprese solitarie. Nel 1937, quando sembrava che Amelia non volesse più fermarsi, quando stava compiendo la più difficile di quelle imprese, finirà tutto. Ma ormai era tanto nota che la morte l’avrebbe fissata per sempre nell’immaginario collettivo, ne avrebbe fatto un mito.

Aveva pure scritto dei libri dove diceva delle sue esperienze di aviatrice, si era sposata col famoso editore George Putnam, era diventata amica di eminenti personaggi della politica, della cultura, dell’arte, dello spettacolo, era ormai Lady Lindy quella ragazza alta, snella, che sognava di volare. 

Un’apparizione improvvisa, una grande luce che abbaglia e non dura sembra sia stata Amelia Earhart, come quella luce ha tanto impressionato, tanto attirato da non   poter essere dimenticata.

Puntuale è la Alemanno nella sua opera, completa di ogni particolare la sua ricerca. Non si limita a dire di quanto Amelia ha fatto ma si sofferma anche su quanto avveniva nel suo animo, si agitava nel suo spirito. La capacità, la resistenza, la sicurezza del suo corpo erano l’espressione della sua volontà, del suo coraggio, della sua decisione. Un esempio unico è diventato, un simbolo destinato a rimanere inalterato, a superare i tempi.

Antonio Stanca