di Marcello Buttazzo –

La politica dell’ego smisurato, della autoreferenzialità, ha il fiato corto. Il senatore Matteo Renzi ritiene erroneamente che il fare politica sia un fatto preminentemente personale. L’ex “rottamatore” è drammaticamente ripiegato su se stesso, convinto maldestramente che prima del bene comune vengano le proprie radicate convinzioni. Nell’intervento in aula, pur non votando la fiducia a Giorgia Meloni, il fiorentino ha dato prova ancora una volta del suo smodato individualismo. Appena è intervenuto l’ex pm Roberto Scarpinato, oggi senatore del Movimento 5 Stelle, ha abbandonato l’aula platealmente. L’ex “riformista” in camicia bianca ha preso la parola solo per criticare. Renzi, lo sappiamo, riduce e svilisce la politica sovente ad attacco virulento. I suoi bersagli preferiti Letta e Conte. Ed anche qualche sua ex “compagna” di partito. “Come si fa ad attaccare il governo perché ha inserito la parola “merito” nel ministero dell’istruzione? Lo dico a Simona Malpezzi, che quando collaborava con me era la prima pasdaran del fatto che bisognasse inserire il “merito” nella “buona scuola”, ha sostenuto. Buona davvero, la scuola prospettata da Renzi. Forse, caro “riformista”, il concetto di merito è già insito nel termine istruzione. Non è necessaria un’aggiunta puramente vestigiale. Parimenti, è completamente inutile e altisonante insistere sulla dizione a chiare lettere di sovranità alimentare. 

Marcello Buttazzo