di Luigi Mangia –

Nelle campagne di Felline, frazione del Comune di Alliste in Provincia di Lecce, nella Contrada “Bisse” si trova l’ulivo millenario, forse il più vecchio d’Europa ormai morto. Non è più un albero, quel gigante del tempo, generoso nella sua vita di frutti. Oggi infatti è un grande ed alto tronco secco, che materializza il dispiacere e fa chiudere gli occhi per evitare la paura più forte del dolore nel vederlo secco senza vita. Davanti a lui non ha il coraggio di guardare, senti i piedi bloccati, rigidi e fermi li senti senza forza ed anche l’aria la senti smarrita. Il verde argento delle foglie ormai secche non disegnano più in cielo ricco di azzurra allegria. Alla morte degli ulivi non credono solo pochi uccelli che continuano ancora a fare il nido su quei rami secchi senza vita. La morte dell’ulivo è particolare, diversa dalla morte dell’uomo. La morte dell’ulivo infatti non conosce il funerale e quindi non ha la sepoltura. L’albero rimane sulla terra il suo tronco secco senza vita è la morte che diventa materia che si può toccare e percepire con le mani. Oggi l’ulivo in Contrada “Bisse”, dove si impone per il suo tronco millenario alto più di dieci metri ai suoi piedi ha solo i “succhioni” verdi a rendere ancora più pesante la sua fine.

Quel monumento vegetale millenario è diventato una meta di pellegrini e la campagna con tanti ulivi morti sembra essere un cimitero di morti vegetali. Nella campagna silenziosa la gente è muta, senza parole ed il pensiero ha il sapore amaro delle olive verdi. In questo paesaggio di tristezza, di sconfitta e di abbandono tornano alla memoria i versi del poeta dell’ulivo Girolamo Comi:

dalle radici è luce la figura
del nascere e del crescere, ed è ombra
solare ogni sua pausa che cattura
la densità del fiore e della tomba.

E schiavo graziato tu permani
di moli e selve di respiri estremi
in cui l’avvento tenace dei semi
consacra il succo degli steli umani”.

Da “Cantico del tempo e del seme”, 1929-30.

Luigi Mangia