di Antonio Bruno Ferro –

L’amministrazione e la gestione dei beni comuni ai cittadini iscritti nell’Albo professionale?
È vero, passato il diletto, resta il dilettante. Ma nel volontariato, il professionista, a che serve? Questa è la domanda che è emersa in me dopo la lettura della riflessione di Aldo Grasso sul Corriere della sera dell’8 febbraio 2020.
Aldo Grasso riflette su tutto ciò che è emerso spontaneamente negli ultimi decenni per ottenere una gestione e amministrazione dei beni comuni condivisa e andando indietro nel tempo ricorda le catene umane dei girotondini invocate da Nanni Moretti, il Popolo Viola di San Precario, il Movimento Arancione, quello dei sindaci Pisapia, Doria e De Magistris, l’indignazione delle donne di “Se Non Ora Quando”, le “madamine di Torino”, ed infine le Sardine. La riflessione di Aldo Grasso si conclude con una frase che ha tutte le caratteristiche di un aforisma “Evaporato l’entusiasmo, resta l’incomodo di andare avanti. Passato il diletto, resta il dilettante.”
Non la faccio lunga. Le osservazioni di Aldo Grasso accertano che storicamente, le cittadine ed i cittadini che si sono cimentati negli anni a contribuire liberamente e spontaneamente alla gestione e amministrazione dei beni comuni, una volta passato l’entusiasmo, si sono allontanati e non ne hanno più voluto sapere nulla.
La conseguenza di questa evidenza di successioni di fatti storici, dovrebbe essere che è impensabile immaginare che i cittadini, liberamente e spontaneamente, possano conversare tranquillamente per la definizione di un progetto comune di amministrazione e gestione dei beni comuni.
E allora se non sono i cittadini a farlo, chi l’ha fatto sino ad oggi?
L’hanno fatto i cittadini prescelti con le elezioni ed a cui è stata affidata questa responsabilità.
E da più parti si comincia a definire quali debbano essere le capacità e conoscenze che devono possedere questi cittadini. Quindi secondo questo ragionamento la responsabilità dell’amministrazione e gestione dei beni comuni sarebbe riservata ad una cerchia di “elevati” in possesso dei titoli per farlo.
Quanto esposto precedentemente rappresenta la nostra cultura, che è in aperto contrasto con l’articolo 51 della nostra Costituzione che sancisce il diritto di candidarsi a ricoprire cariche elettive, a tutti i cittadini italiani maggiorenni (elettorato passivo).
E allora? Che si fa? Cambiamo la Costituzione che non è applicata, preferendole ciò che a gran voce chiedono tutti i giornalisti ed i commentatori e che è confermato dalla successione storica degli avvenimenti? Non è meglio uscire dall’ipocrisia nella quale versiamo e stabilire, con una modifica della Costituzione, che il diritto di candidarsi a ricoprire cariche elettive è riconosciuto ai cittadini italiani in possesso dei titoli necessari iscritti nell’ Albo Professionale dei responsabili dell’amministrazione e gestione dei beni comuni.


Antonio Bruno Ferro