La democrazia diretta del M5S
di Marcello Buttazzo –
Tutti abbiamo “apprezzato”, in passato, la dialettica virulenta mostrata dalla senatrice pentastellata Barbara Lezzi contro la Tap. Conosciamo poi la storia come è andata a finire. Ora, Barbara Lezzi gioisce perché Salvini non va a processo per il caso Diciotti. E, nei fatti, si compiace dal momento che anche la sua poltrona di ministra è salva. L’eccellente ministra per il Sud esalta “Il grandissimo esempio di democrazia diretta”. In sostanza, canta le lodi di un qualcosa che non esiste nella realtà. Il modello di democrazia e di partecipazione, valorizzato allo stremo dalla senatrice leccese, è un incerto responso virtuale sulla cosiddetta piattaforma Rousseau (commercialmente gestita da un privato), non facilmente controllabile. Un voto espresso da sole 50mila persone (su 12 milioni di elettori pentastellati). Senza contare che più del 40% degli intervenuti avrebbero voluto mandare a processo Salvini. E che, inoltre, le domande erano formulate in modo confuso e capzioso e si interpellava gente che, ovviamente, non aveva letto le carte. Di fatto, Giggino Di Maio e compagni, pur di far finta di non decidere direttamente le sorti del ministro dell’Interno, hanno organizzato una invereconda pantomima. Se questa è la bontà della cosiddetta “democrazia diretta”, la rivoluzione “intelligente” del nuovo che avanza, è preferibile affidarsi sempre a meccanismi collaudati di democrazia parlamentare. Barbara Lezzi è trionfante nel suo reiterato populismo: “Abbiamo voluto dare la voce al Movimento”. Bene, se fosse per il 41% dei votanti virtuali del Movimento 5 Stelle, Salvini dovrebbe essere processato. E lei, Barbara Lezzi, dovrebbe andarsene a casa.
Marcello Buttazzo
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