La cultura asfittica di “Pro Vita e Famiglia”
di Marcello Buttazzo –
Ha pienamente ragione la premier Giorgia Meloni: gli atti di violenza devono essere sempre condannati. Ovviamente, lanciare fumogeni e bottiglie di vetro contro la sede di “Pro Vita e Famiglia” non è propriamente una trovata pacifica e non violenta. La battaglia contro gli integralismi e contro le esasperazioni del pensiero deve essere condotta unicamente per via culturale e politica. E non c’è alcuna remora ad affermare laicamente che l’associazione “Pro Vita e Famiglia” è l’espressione d’un fondamentalismo stantio, fiacco, anacronistico. Tanto che l’imprenditore Tonio Brandi, uno dei fondatori dell’associazione, ritiene che sia in atto in Occidente “una rivoluzione antropologica-culturale che vuole cancellare l’uomo”. Diciamo che “Pro Vita e Famiglia” è fuori dalla logica, dal tempo e dalla contemporaneità, dal momento che vuole vietare in tutti i modi l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, sbraita per modificare in peggio la legge 194, e si oppone, tra le altre cose, con piglio volgare al matrimonio fra persone dello stesso sesso e ad un’opportuna legge anti-omofobia. Le loro visioni sono “altisonanti”, tanto che Jacopo Coghe, un altro esimio fondatore di “Pro Vita e Famiglia”, anche lui ex imprenditore, propone un roseo e impegnativo programma: “Il nostro compito è lasciare a quelli dopo di noi una società migliore”. Epperò, la cultura asfittica e illiberale dei Coghe, dei Brandi, dei Gandolfini, può diffondere solo germi di incomprensione e di intolleranza.
Marcello Buttazzo
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