di Antonio Stanca –

È appena comparsa, per la serie “Noir Italia” promossa da La Gazzetta dello Sport, un’edizione speciale, su licenza Fratelli Frilli Editori, del romanzo giallo Fitte Nebbie (La prima indagine di Sambuco & Dell’Oro) di Alessandro Reali. L’opera risale al 2012 ed è la prima tra le tante che dicono delle indagini dei due investigatori privati. Di altre indagini scriverà Reali, di altri casi, di molti altri. “Un operaio della penna” si definisce ché tante sono le sue opere nonostante abbia solo cinquantasette anni ed un lavoro presso l’Eni di Sannazzaro. Scrive ogni momento del suo tempo libero e generalmente ambienta le narrazioni nella Milano degli anni Sessanta, l’immensa città che lo ha affascinato, lo ha fatto sognare quando era bambino per il gran movimento che le attribuiva, per quanto riusciva a sapere riguardo all’ambito letterario, musicale, artistico, tramite i racconti di suo padre, scultore a Brera.

Reali è nato a Pavia nel 1966 e tranne qualche opera piuttosto recente ha sempre pubblicato presso Fratelli Frilli Editori, una casa editrice genovese. Il genere “giallo” lo ha maggiormente interessato non tanto per la vicenda oscura che ogni volta c’è da svelare quanto per la possibilità di soffermarsi sui problemi interiori, le inquietudini, i travagli, i tormenti di quelle persone che colpevoli non sono ma soltanto sospettate, soltanto vittime di particolari situazioni famigliari, sociali, di complicate vicende. Al Reali questo genere letterario è sembrato idoneo a far posto a quelle persone, ai problemi della loro anima. Sono stati anche i problemi della sua anima se ci ha tenuto a scriverne, se simile alla sua vita ha fatto quella di tanti suoi personaggi.

In Fitte Nebbie compare con molta evidenza questa trasposizione, questo risvolto autobiografico. Ad interpretare la figura, i problemi dell’autore sarà Felice Gatti, il ricco rampollo di una storica famiglia di Pavia che, cresciuto tra l’incuria del padre e gli affetti eccessivi della madre, incerto, confuso, disordinato nel pensare e nel fare è diventato da adulto. Sgraziato è nel portamento, senza cura nel vestire, svogliato nel fare, poco attento nel parlare. Non è amato dalla moglie e tra problemi, dubbi, sospetti di vario genere vive ormai. È rimasto solo nella casa che era stata di famiglia. La solitudine di tante giornate, di tante nottate, l’angustia di tanti ricordi, di tanti rimorsi, il dolore di tante sconfitte, hanno fatto della sua una vita soprattutto interiore. In essa soltanto si sente, si vede dalla parte giusta, quella di chi è stato offeso, accusato senza motivo, senza spiegazioni. Sarà questa convinzione, questo stato del suo animo ad indurlo a cercare la verità fuori di sé, ad orientarlo verso il mondo politico, a fargli pensare di scoprire quanto di losco, di clandestino vi si nasconde. Erano gli anni ’90, quelli che preparavano Tangentopoli, e Felice si era messo a fare ricerche sulla corruzione dei politici. Era sicuro che avrebbe scoperto verità sempre taciute, le aveva intuite, ne aveva parlato, ne aveva scritto su giornali locali. Si era esposto a gravi rischi, era stato notato, segnalato e l’omicidio della moglie era stato un atto intimidatorio, un invito a smetterla con l’attività di rivelatore di truffe. Lo aveva capito fin dall’inizio e lo avevano scoperto pure i due agenti privati, Sambuco e Selmo, ai quali Felice si era rivolto. In lungo e in largo avevano indagato tra Pavia e Milano, tra i paesi, le città, le periferie, le campagne, i boschi compresi quelli intorno al Ticino. Sarebbero giunti a sapere che era stato come Felice aveva pensato. Niente era cambiato nei suoi riguardi, alle sue stranezze era stato attribuito tutto. Peggiorata, aggravata ne era uscita la sua posizione.

Reali ha voluto assomigliare al suo personaggio soprattutto quando dice del periodo dell’adolescenza, quando lo mostra incline a pensieri, riflessioni, ricordi, alla vita che avviene nell’anima, a verità che sono interiori. Ed anche se vi ha costruito una vicenda dove lo fa capace di decisioni concrete, di azioni coraggiose non evita di farlo fallire, di far diventare ancor più sospetta la sua figura, di procurargli altre avversioni. A vincere sarà quanto si era riusciti a sospettare, insinuare non quanto era effettivamente vero. Confermata sarà la sua condizione di vittima inventata, riuscito il proposito del Reali.

Non tanto di romanzi gialli si deve dire per quelli del Reali quanto di storie vissute!