di Rocco Boccadamo –

Sin dai tempi, oramai remoti, delle Superiori, sono pervaso da predilezione e affetto per la più celebre e famosa opera scrittoria manzoniana. Sicché, sovente, mi capita di soffermarmi a rileggerne le pagine, intrise di mirabili descrizioni e scene di luoghi, avvenimenti, personaggi e umili genti, sempre con devoto riguardo e concentrazione, arrivando, quasi, a sfiorare una sorta di religioso raccoglimento. Com’è noto, nel terzo capitolo del romanzo, si presenta, fra l’altro, la spedizione o missione dell’impaziente promesso sposo nello studio dell’avvocato lecchese Azzeccagarbugli, con l’obiettivo di procurarsi i suggerimenti e consigli meglio adatti, illuminati e utili a rimuovere e/o superare l’imprevisto ostacolo frappostosi alla celebrazione delle sue nozze. A prescindere dal purtroppo cattivo esito di detta impresa, resta scolpita e indelebile, nel corso del viaggio d’andata, l’immagine dei quattro capponi a testa in giù, ancora vivi e riuniti per le gambe, che il giovane, dietro suggerimento della futura suocera, andava portando con sé per non presentarsi dal professionista a mani vuote:

Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.

Si potrà muovere l’obiezione su cosa abbiano a vedere, nel gennaio 2018, il Manzoni e i galletti castrati di Renzo con l’uomo politico e potente segretario del Partito Democratico, dall’appellativo identico, per quattro lettere su cinque, a quello dell’umile filatore di seta nell’anno 1628.
A parer mio, in particolare nell’attuale specifico frangente della campagna elettorale e nella correlata formazione delle liste dei candidati, il nesso è conferito, a tinte chiare e nette, dall’affollamento, ai piedi e alla corte dell’uomo politico toscano al comando, di un piccolo esercito, ben oltre, quindi, i petali dello stucchevole giglio magico, d’aspiranti, d’ogni età e genere, che attendono e/o sperano di vedersi mettere in bocca un mestolo di manna e miele per i prossimi cinque anni.
E, però, numerosi sono i contendenti e, invece, sparuti i verosimili posti/seggi per gli eletti.
Al punto che, con un crescendo in queste sequenze finali della gara, si registrano parapiglia, spintoni in senso metaforico, raffronti e denigrazioni incrociati, altro che piazze di mercato o recinti per fasianidi.
Né vale o giova, qui, per la penna dell’osservatore, soffermarsi sui dettagli nominativi, prevalendo, alla fine, la situazione che, nel giardino in discorso, si può semplicemente e facilmente fare d’ogni erba un fascio.
Soltanto, a titolo personale, sono rimasto colpito dalla stravagante particolare notizia secondo cui un’avvenente figura femminile, già parlamentare ed esponente della compagine governativa in scadenza, sarà candidata nella regione a statuto speciale Trentino – Alto Adige.
Non c’è che dire, un’idea comunque saggia, giacché, da quelle parti, indipendentemente, come nel caso del povero Renzo, dal risultato fausto o infausto delle votazioni, esistono tante amene montagne, valli e baite con armenti e campanacci dai rintocchi intonati e, soprattutto, nel durante, il personaggio sarà da solo e non gli succederà di beccarsi con i sodali compagni di ventura/sventura.

Sin qui, la politica e/o politica elettorale, in termini stretti.

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Non è casuale l’accenno, nel titolo di queste note, al mondo dell’informazione. Succede, difatti, che alcuni rappresentanti di tale ultimo comparto (Paragone, Carelli, Cerno) s’accingono a calarsi, appunto, nella politica e a tentare la scalata agli scranni del Parlamento. Nel dir loro “in bocca al lupo”, mi viene da pensare che, con la pesantissima crisi che pervade la carta stampata e l’informazione in blocco, attraverso la cancellazione delle tre anzi menzionate figure dal libro paga, si conseguirà quantomeno una goccia di sollievo finanziario. Anzi, sarebbe il caso che si prendessero su più larga scala vie e percorsi preziosi per il ripristino delle risorse a beneficio delle migliaia, forse decine di migliaia, di giovani addetti o operatori che, nel settore, fanno la fame: assenza totale di contratti e quindi zero pagamenti, oppure accordi precari e indecenti, remunerazione dei “pezzi” o servizi sulla base di uno o due euro per volta. Permangono, di contro, in condizioni, se non di privilegio, sicuramente agiate, i volti noti e le firme storiche che beneficiano di posizioni di rendita consolidata, quando, sull’orlo dell’abisso, in cui ci si trova, s’imporrebbe subito una radicale e autentica rivoluzione. Gli editori dei giornali e delle radio televisioni, incomincino, ad esempio, col fare a meno, da qui in avanti, sulle pagine dei quotidiani e periodici che contano e negli interminabili talk show, di facce e firme celebri e nello stesso tempo obsolete, sostituendole, previa selezione dei requisiti di preparazione e competenza, con nuove leve che abbiano studiato, frequentato gli appositi corsi o master sino al conseguimento dell’ammissione alla categoria dei giornalisti. Se non si cambia drasticamente musica, secondo me, l’intera orchestra è destinata a sgretolarsi completamente e a precipitare.

27 gennaio 2018 – Rocco Boccadamo