di Silverio Tomeo –

Siamo di fronte a una sorta di triste bollettino di guerra, anche se solo ci fermiamo all’Europa. Con l’attacco terroristico di Nizza nella data-simbolo della Rivoluzione francese è come se si volesse colpire la radice dell’inizio dell’era moderna: “liberté, egualité, fraternité”, il moto che proseguiva con “ou la mort”, presto abolito perché associato all’idea di Terrore. Ora “la mort” ritorna, come il rimosso che ritorna sempre, eccetto che nelle formazioni psicotiche. E ritorna non nella forma del Terrore giacobino – che tanta parte ha avuto anche nel terrorismo di sinistra e nel “comunismo che si fece Stato” – ma nella forma di una tanatopolitica iper-moderna, niente affatto medioevale, nella forma di una teologia di morte che affonda le sue radici in una versione fondamentalista dell’islamismo sciita wahabita.

Che dalla rivoluzione francese nascano le istanze rivoluzionarie e libertarie moderne ed insieme le istanze napoleoniche di Impero e del Terrore giacobino, non vorrà dire che l’universalismo dei diritti sociali, civili, politici sia un ferrovecchio utile solo all’occidentalismo, dal colonialismo alla guerra civile europea dei trent’anni (subito allora già mondiale) sino al post-coloialismo. Da quella radice razionale ed emancipatrice nasce anche il marxismo originario, ad esempio, e dopo il secondo conflitto mondiale nasce la Dichiarazione universale dei diritti, nascono le istanze dell’unificazione europea, di cui le resistenze europee sono costituenti. Il nazifascimo voleva un Nuovo Ordine Europeo, e ci era quasi riuscito, e rimane l’emblema paradigmatico della tanatopolitica.

Ora, che lo scambio ineguale postcoloniale, il modello energetico dominante, il marcire della questione del conflitto israeliano-palestinese (che per quanto è impazzito non ha in più in se stesso alcuna possibilità di risoluzione), le negazione della questione curda, siano altrettanti fattori della destabilizzazione del Medio-Oriente è sicuro. Che le guerre di Bush junior siano state un fattore scatenante che ha innescato una catena di conseguenze nefaste è certo. Senza dimenticare che la questione del fondamentalismo islamista ha avuto una sua incubazione di decenni, e nasce nel cuore della Guerra fredda, ne è conseguenza destinale, invasione sovietica dell’Afghanistan inclusa.

E allora? E allora bisogna acconciarsi a una lotta globale alla tanatopolica di guerre e terrorismi, in generale, senza rispolverare vecchie categorie concettuali descrittive obsolete ed ideologiche. Senza accettare passivamente che si vada a forme biopolitiche di governo che sfociano nell’idea dello “Stato di sicurezza”. Senza idee complottiste e ridicolmente paranoidi sulle radici dell’odio e del conflitto contro libertà, giustizia sociale, democrazia, diritti civili, laicità dei poteri politici, che restano valori universali, per cui si lotta nel proprio Paese per le stesse ragioni per cui si dovrebbe lottare altrove. Perché sono giustizia, acquisizione di consapevolezza per i popoli, necessità liberatorie di resistenza biopolitica e quadro strategico di possibile cambiamento globale.

Siamo di fronte a una psicopolitica che va dalla guerra psicologica alla tanatopolitica, dall’attacco terroristico alle forme conviviali e libere di stile di vita collettivo alla gestione dei post-attacchi in chiave reattiva e consapevolmente privativa di diritti, dalla vita umana ridotta a cifra di bollettino di guerra all’insicurezza come cifra della vita quotidiana sino alla risposta nazionalistica-populistica-xenofoba di massa.

Il risultato più cospicuo di questa ondata terroristica è propriamente nello scatenare massicciamente le pulsioni di morte collettive ed individuali, nel seminare odio che chiama odio, sangue che chiama sangue, aggressività liberamente scatenata che scatena reazioni aggressive gravate da successive pulsioni di morte e di potere, in un’orgia macabra, in qualcosa che fratta la psiche individuale, sia del demente inconsapevole che dell’umanità riflessiva. E non saranno di sicuro le sciocchezze sull’ Amore universale a placare queste pulsioni, per quanto ogni cultura, ogni fede, ogni credenza come organizzazione simbolica di significato, viene sempre ed ancora chiamata a risposte anche parziali, morali e responsabili, purché non diventino flussi significanti privi di significato, autismo della ragione, balbettio dell’impotenza che si cela nel sottosuolo della volontà di potenza nel declino secolare dell’Occidente ed in quello giù prossimo dell’Europa.

Silverio Tomeo