di Silverio Tomeo –

Non ho più l’età per entusiasmarmi facilmente per un’occupazione sociale. Non è neppure il momento, forse, per spezzare lance a favore di un’esperienza in progress da poche settimane come quella del CSOA  “Terra rossa” a Lecce. Ma devo dire che sin dalla prima assemblea del centro sociale – uno spazio sociale di 1.100 mq – ho notato un bel clima, e anche successivamente mi sono sentito a mio agio recandomici e portando altre antenne sociali a vedere la cosa. Voglio dire che vedo le migliori premesse per un radicamento sociale di quest’esperienza, già condotta con profluvio di responsabilità, energie, volontariato disinteressato, apporto collettivo. Mi è venuto di dire che una cosa così doveva nascere già sei anni fa, e perché no?, anche dieci anni fa. Conosco, per età avanzata, tutti i tentativi di occupazione di un centro sociale in città, sin dal 1977. Non si tratta certo di comparare stagioni o esperienze diverse, e poi chi sono io per giudicare le tendenze di questa o quella occupazione? Non giudicare e non verrai giudicato, dice la massima evangelica alla base della boutade di papa Francesco sulle tendenze sessuali d’investimento di oggetto. Mentre Hannah Arendt dice, in soldoni, che senza pregiudizio non si dà giudizio, perché ogni volta dovremmo ripartire dall’anno zero, fermo restando che il pre-giudizio è un dato mobile e revisionabile ad ogni buona tematizzazione, quindi non può mai sovrastare la costruzione del giudizio.

La ricaduta periodica dei movimenti collettivi e sociali di massa può produrre solitudine, scoramento, anche peggio in passato, ma può anche essere produttiva di nuove reti associative, nuove culture e stili nelle pratiche sociali, in assenza delle quali si parla a vanvera, a suono vuoto, per dare fiato alla propria soggettività esacerbata. La ricostruzione della rete associativa ARCI in provincia è un dato di fatto esemplare e positivo, sotto gli occhi di tutti, ad esempio, dovuta a volti, persone, impegno, responsabilità. Altre associazioni strutturate, informali o che, son nate non dalle ceneri ma dalla produttività dei movimenti. Lo “spazio liscio” dei movimenti e lo “spazio rigato” delle associazioni non sono necessariamente in contraddizioni, anzi!, e questo accade solo nei momenti migliori, quando l’autonomia del politico non incombe a strumentalizzare e soffocare la movimentazione sociale, e quando non ci si aggrappa ad un’idea di autonomia del sociale irriducibile ad ogni politicità. Dopo questa citazione implicita di Gilles Deleuze, torniamo alla pre-giudizio positivo che ho maturato sul “Terra rossa”.

L’occupazione sociale del CSOA “Terra rossa” mi sembra un’ inaspettata occasione di una possibile e necessaria ricombinazione delle reti sociali, associative, plurali, della città e non solo. Un’occasione, una chance, non un’opportunità gratis. Ci dovremo misurare tutti, società civile, associazioni, circoli, reti con questa situazione.

Nella pluralità delle istanze sociali tutto fa brodo, si potrebbe dire, purché non si metta nel brodo l’elemento rancido o velenoso, se no addio brodo! Quindi, ad esempio, chi tresca con i “rosso-bruni”, o con movimenti ambigui a presenza fascista come quello dei “forconi”, o chi coltiva a vanvera gesti di violenza psudo-insorgente avulsi dalle pratiche collettive. Ma sono decenni che la sana reattività dei movimenti sa difendersi abbastanza bene da cose di questo genere.

Questa occupazione sociale è già una vertenza urbana di tutto rispetto nel panorama cittadino, con un sindaco a fine mandato in attesa di sfratto che vorrebbe sfrattare la stessa occupazione.

Nel “Terra rossa” le associazioni e le reti sociali sono riconosciute in quanto tali, e non secondo il balzano criterio che ognuno parla solo per se stesso come individuo atomistico isolato, concetto che per il grillismo  sta per “uno vale uno”, e poi si è visto quanto! Fermo restando che “una testa un voto” è un bel principio democratico, ma qui non c’è nulla da votare, lo stile della democrazia deliberativa dal basso è quello consensuale, dove su quello su cui si è d’accordo si va avanti, e dove su quello su cui non si è d’accordo lo si accantona per tempi migliori e per la necessaria verifica pratica.

Nell’esperienza leccese del movimento dei social forum e del vasto movimento per la pace tenemmo fuori e ai margini le “azioni parallele” degli anarco-insorgenti e dei sopravvenuti neoautonomi in salsa bolognese. Nessun paternage, nessuna strumentalizzazione partitica, ma solo il confronto tra esperienze, stili di protesta, pratiche partecipative, con il senso e la gioia dello stare insieme e condividere un fatto di crescita che, se sarà lasciato liberamente “respirare”, produrrà fatti di solidarismo, produzione culturale dal basso, apertura ai bisogni del quartiere, cose che già ci sono tutte nelle buone premesse e promesse di questa esperienza.

Chi non accetta il principio di realtà, chi non accetta il connesso principio di responsabilità, si destina all’autismo politico, quando non al “godimento dell’idiota”, come chiamava Jaques Lacan il godimento di se stesso senza l’altro. Il “Terra rossa” si confronta sicuramente ogni giorno con la dialettica del reale.

Silverio Tomeo