di Marcello Buttazzo –

L’ecosistema terra è delicato, fragile, perturbabile. Noi uomini con potente e prepotente mano antropica abbiamo già arrecato all’ambiente fisico danni più o meno consistenti. La terra è ansimante, ferita, sofferente. Serenamente, possiamo porci la domanda: una spinta politica petrolifera nel nostro Paese può giovare davvero ad un incremento dei posti lavorativi? Più verosimilmente, da un rispetto rigoroso del mare, del turismo, della fauna e delle attività di pesca, si può ingenerare un circuito più virtuoso e più favorevole all’occupazione. Il mare cristallino di tante regioni d’Italia è un patrimonio d’infinita bellezza, una risorsa più produttiva e più ricca dell’oro nero. Il mare è un bene comune, da proteggere, da tutelare, d’incommensurabile valore: non possiamo minimamente esporlo a eventuali rischi o danni, che avrebbero effetti disastrosi. Pertanto, il prossimo referendum antitrivelle del 17 aprile giunge opportuno per ristabilire una condizione di equilibrio. Per ribadire, ad alta voce, che l’ecosistema terra non può essere messo a repentaglio: esso appartiene a tutti gli uomini, e non a poche elette lobby petrolifere. I politici di qualsiasi schieramento sono sempre pronti a declamare retoricamente, nei soliti salotti televisivi di prima e seconda serata, inni sperticati di lode in difesa del bene comune. Ma poi c’è chi con imprudenza e impudenza, nella fattispecie, fa appelli per l’astensionismo. C’è chi, fra i politici, con una vecchia e abusata strategia, cerca di favorire un clima di scarsa informazione, come se le questioni primarie sull’ambiente, sull’energia, sulla salute, non riguardassero la gente. Fa piacere constatare che le associazioni laiche e i movimenti cattolici, come le Acli, si sono espressi per il “Sì”. Molti hanno recepito il messaggio della “Laudato sì” di Papa Francesco. L’era dei combustibili fossili sta finendo (lo si dice da anni e anni): è ora d’investire massicciamente sulle energie rinnovabili e pulite. Il petrolio ha già sporcato ampiamente. Nei periodici summit sul clima dei potenti del mondo s’afferma la necessità d’approdare ad un nuovo status energetico. Nelle assise dei Grandi della terra, si siglano accordi, seppur non vincolanti, pur di tentare di decongestionare il nostro avvilito, stanco pianeta. L’etica della responsabilità è merce rara: essa avrebbe imposto che i vitali incontri sul clima fossero stati vincolanti, dirimenti, e avessero convinto i governanti del mondo a ridurre l’effetto serra necessariamente secondo criteri ben definiti. Ma l’etica della responsabilità difetta e latita drammaticamente. Di certo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono ormai a termine, non più compatibili. Un passato governo Berlusconi voleva scriteriatamente investire imponenti somme di denaro sulle centrali nucleari. Meno male che l’avventura atomica è fallita, in Italia, prima di cominciare. Ora, il “riformista” in camicia bianca Renzi, alla vigilia dell’importante referendum antitrivelle, invita sciaguratamente i cittadini all’astensionismo. Da un vero leader delle istituzioni ci saremmo aspettato ben altro comportamento. Soprattutto, avremmo sperato da un governo veramente popolare la strutturazione d’un lungimirante piano energetico, capace di scommettere su nuove rivoluzioni tecnologiche. Come, ad esempio, il ricorso all’idrogeno, che è un combustibile perpetuo, puro, non inquinante, eterno. Rifkin, tanti illustri economisti ed ecologi sono pronti a giurare che il tempo del petrolio sia davvero finito. Non ha alcun senso, da noi, trivellare i mari. Domenica 17 aprile esprimiamoci con un “Sì” convinto, per sostanziare, tra l’altro, una partecipazione adeguata, che è sintomo di libertà, di senso civico.

Marcello Buttazzo