di Francesco Pasca

Quanto sto per scrivere non è risultato di una fede per un visivo.
Un’indagine fatta in visione quando condotta non può concludersi con una probabile consolazione o con il destino di un’inopportuna beffa del visivo, nel peggio, non è mai stato un atto di fede.
Dalla precisazione il passo è breve. Per un’immagine non vi è mai sollievo in omaggio al continuo peccato di omissione in una Verità.

Sia essa una Tac, una Ecografia oppure una RNM, la sua visione di immagine occorre condurla con lettura, dicono di interpretarla, per me che ne sono il destinatario finale meglio dire tradurla.
Qualunque immagine proposta da un’indagine divenuta tale non può essere solo vago ricordo di qualcosa, si chiamerebbe altrimenti, diverrebbe una delle tante, una delle infinite possibilità dettate dall’arbitraria e non esplicitata verità dei “fatti”. Tradurre è il di contro ad una interpretazione, è renderla intelligibile a tutti, a me in particolare.
L’attore non è mai, per un’immagine qualsiasi, né per l’umore, s’è causa di un’ombra, né per ciò che lo fa assumere nelle vesti del non coprotagonista.  Quando si è il non attore si può ricorrere all’immaginifica interpretazione di una qualunque storia, di una non propria storia.
Ebbene sì, la diagnostica della mia storia, della mia Tac, della mia Ecografia, della mia RNM, le immagini, le ha vedute e le ha classificate con un indefinito: Un’ombra.

“Caro signore, lei ha un ombra.”

Mi sono sforzato di comprendere che non parlava della mia ombra e mi preoccupava la convinzione in una sì scarna definizione.
Dell’ombra, quella che porto con me da sempre ed appare o scompare, ch’è stata, da sempre, alla mia destra o a manca come lo è stata davanti a me come dietro di me, ch’è stata sempre pronta a seguirmi, sempre, passo dopo passo, a riconoscerla anche quando non si palesava, sapevo ch’era la mia ed esclusiva ombra anche quando non c’era, ch’era e ch’è stata continuamente lì dove ho creduto potesse essere.

Con: “Caro signore, lei ha un’ombra” mi si vuol dire, convincere che essa si è nascosta dentro di me, s’è accovacciata in prossimità del mio corpo, che attende?

Perché mai deve attendere? Cosa ha da attendere.
Quindi, dal mio probabile crepuscolo appare un’ombra nel mio altrove, me lo ha detto il “traduttore”, è dentro di me quell’ombra, è divenuta la mia vacca grigia, così come lo sono tutte le vacche al calar delle tenebre, quando la luce non può più farle vedere, riconoscere proprie e rincorrere e trasformare in sagome.
Io sono, mi sento il mandriano smarrito, lui, il mio interlocutore è il surreale di Hegel. Il mio datore di un’ombra l’ha significato con l’evidenziare la mia tenebra in una indistinta sagoma grigia, l’ha introdotta nella mia storia come “fenomenologia dello spirito” e ha criticato il mio senso di assoluto dove tutto adesso si identifica nell’uguale non distinguibile, nel Si e nel NO.

Il mio è per il SI e il suo surreale è IL no e ha voluto metterlo nella mia notte dove tutto è diventato per una storia dalle tante mucche in fila e sul ciglio del mio orizzonte e sul filo di quell’andare sembrano essere tutte uguali poiché sagome. Ombre?
La mia tesi di contro è l’antitesi e non voglio affatto continuare a vivere nella sintesi di un NO, di un’ombra ma nella sua differenza, pretendo la non confusione anche se essa è data dall’ombra.

“Mi scusi, Cos’è esattamente?”
Ma il mio interlocutore continua a mantenere il suo particolare assoluto.
“Caro signore, lei ha un’ombra”.

Per il poco, che di poco ha solo la non traduzione di un’immagine, vi racconto quindi una “storia” così com’è cominciata in un Paese, il mio, in una Città mia e non la mia, dove, come per le Tutte e le Tante sono in Tanti che vi abitano, vivono, soffrono e godono Tritati e Tolleranti, Tollerati per una “fenomenologia dello spirito” camuffata per essere mio Governo. Per quel che a me riguarda le ombre non sono tutte uguali ma so anche di sagome differenti passate a SETACCIO sotto il nome di “diagnostica per immagini”.

Diagnostica, dunque, è la parola.

Mi ostino, da subito, nella mente, a cercarne il vero significato PER l’uso di un mio manuale strumentale e PER farne laboratorio della mie idee.
So bene che diagnosi è il presupposto per formulare con giudizio clinico quanto un apparato fotografico può fare e dare nelle conseguenze. Provengo da una lunga preparazione, dall’analisi per un fenomeno visivo ch’è stato dapprima sperimentato con l’analogico, oggi con il digitale.
Il termine “ombra” è divenuto per me l’impropriamente come lo può essere la diagnosi di un fenomeno non spiegato. Qui non vi è nulla da far diventare esatto o sbagliato, non ci si trova dinanzi ad una similitudine o tra dover scegliere nell’appropriato. Qui l’analisi ha solo, ha chiesto ad alta voce, il rigore scientifico dovuto dal concetto di traduzione della stessa diagnosi e non di una presunta “fenomenologia dello spirito” dove tutte le vacche sono grigie.
Per quanto dichiarato non posso essere parte occasionale di una storia qualsiasi fatta di ombre qualsiasi e, nella Città mia e non mia, ci trascorro con i Tanti Tanti, ne godo e non ne godo, anzi, spesso ci passo sopra e non per scelta, ci passo per dovuto transito e obbligato per continuare ad essere su quella linea del mio orizzonte dove le ombre non sono solo ombre mami è dovuto per esser parte non diversa di Luogoe per far attraversare altre ed altrettante ombre diverse e riconoscibili.
Di quel mio Percorso come in Tante altre parti di Luogo, oggi, fra i Tanti Tanti, ma conle mie Tante immagini uguali sta per accogliermi il Sig. T(i).
La T come iniziale di una oscura parola, Tumore o di T come Trivella, agganciata con (i) che fa e ne assume l’altrettanta oscura immagine di un pronome con funzione di complemento nella sua forma atona del dire: “oggi T(i) faccio ombra”.
La via da percorrere sul ciglio di un orizzonte per un ombra e sino al sorgere del nuovo giorno passa anche per il Luogo preposto. Accedere a quel Luogo è trovare l’esortazione: “Ogni volta che fai finta di niente, il Cancro o MEGLIO s’è il Sig. T(i), lui, ringrazia”.
Dall’immagine di un’ombra sono giunto in quel Luogo, per fortuna, Mi esortano a non dimenticarMi di lui, altrimenti SAREBBE nell’ugual forma atona e,T(i), ringrazierebbe.
Ma le vacche grigie o nere dell’immagini sono veramente in quel Luogo?
Mi dicono d’essere lì e sono le ombre di quel che costruiamo e non con la nostra fantasia. Infatti Lì ne vedo il risultato.
Vi assicuro che, Tutto è veramente lì ed io, come i tanti, ne ho quotidianamente e sempre veduto e ignorato, costruito e bruciato e poi mangiato, respirato e dimenticato.
Sono dunque le ombre dell’anch’io e sono il risultato.
Ancora, vi assicuro, le cose di cui parlo sono del nostro e mio costruito Universo, sono del Luogo di cui non abbiamo voluto Coordinate rispetto ad una sua Origine.
Oggi che ne scrivo la storia, per assicurarmi di non vederle come mero risultato diagnostico e sono costretto dall’assurdità di doverlo reclamare per Referendum.
L’assurdo che il sig. T(i) l’ha fatto diventare la logica dell’assoluto.
Come dire, se sei d’accordo su quanto si prospetta al tuo orizzonte mi costringe a sottoscrivere un Si o un No.
Qualunque sia esso stato l’oggi, lo ieri o il domani è per un Universo o per un Limite?
Per me lo scrivere dell’oggi è stato la descrizione dei miei quotidiani pensieri e non l’aver vissuto al di fuori e in un Limite con il pensiero di dover confondere o esser costretto scegliere l’assurdo con l’assoluto.
Lì, fuori o dentro a quel Limite, il Più mi si è coniugato in silenzio. Andrò con la mia ombra a votare SI.
Lì ci andrò per, per decidere qual è il mondo che non se ne crede l’esistere nel reale e di cui invece, ahimè, ne sono, ne sono e ne ero sí parte.
Dalla diagnostica delle mie immagini i giorni diventano il mio scorrere per la natura del mio Tempo e della Mente. Vivo di giorno e attendo la notte e poi ancora il giorno per una nuova notte.
Dalla mia antitesi spunta ripetutamente il signor T(i) e, oltre a dirmi: “Lei signore ha un ombra” mi costringe adettare per norma referendaria la correttezza di una palese diagnosi.
Dal luogo del suo Potere non riesce a fare la sua diagnosi.
Ma perché il Signor T(i), nascosto abitante di quel Luogo, ringrazia?

La storia?
Ancora impossibile scriverla, ma a te lettore della mia storia sia il SI a estirpare quel che non può essere una democratica ombra.

Francesco Pasca