di Paolo Vincenti

A differenza di “Striscia la notizia”, su Canale Cinque, satira spazzatura basata su filmati falsi e truccati, ai suoi esordi “Le Iene” di Italia 1, è stata una trasmissione dalla carica davvero dirompente. Si rideva, di grosso, delle trovate del suo creatore Davide Parenti e delle acrobazie, fisiche e verbali, dei suoi irriverenti inviati, fra i quali Fabio Volo, Enrico Lucci, Victoria Cabello, Sabrina Nobile, Giulio Golia, Alessandro Sortino, Andrea Pellizzari, Elena Di Cioccio, Teo Mammuccari, e tanti altri. Esilaranti gli scoop del trio Medusa (indimenticabili i loro litigi con un furente Vittorio Sgarbi: “culattoni, culattoni, culattoni e raccomandati!”) e le imboscate tese da Sabrina Nobile ai parlamentari colti in fallo con domande di cultura generale (“On.Laminchia, quando è stata scoperta l’America?”, “Ehm…1700…no, 1592!”).
Ricordo ancora le prime edizioni condotte in studio da Simona Ventura con Dario Cassini e Beppe Quintale e poi da Alessia Marcuzzi con Luca e Paolo. Quando è arrivata Cristina Chiabotto alla conduzione, la trasmissione era già diventata altro, rispetto agli inizi, con alcuni esperimenti, tipo l’inserimento della Gialappa’s Band, che avevano un po’ snaturato il programma, e quando è arrivata Ilary Blasi, era ormai diventato una fabbrica di scoop falsi e reportages pretestuosi, cavillosi, artatamente montati in modo da far prevalere una tesi precostituita. Pensiamo alla telenovela imbastita per più puntate da Giulio Golia sul caso Stamina, rivelatosi poi una bufala orchestrata dal suo inventore, il ciarlatano Dott. Vannoni. E a quanti truffatori, finti medici come Vannoni, ciurmatori, bagatellieri hanno dato spazio le trasmissioni televisive, facendoli passare per benefattori, regalandogli un quarto d’ora di celebrità prima che si scoprisse il loro gioco sporco e che ripiombassero nell’oblio? E di contro, quante persone serie sono state ostracizzate, ridicolizzate, oscurate, solo perché portatori di una versione che non era in linea con il disegno degli autori?
All’inizio,“Le Iene” era una trasmissione di satira politica e di costume. Sempre moralisti e bacchettoni, ma almeno con il castigat ridendo mores ci facevano divertire. Smascheravano i lestofanti, sbeffeggiavano i truffatori, con il sorriso del pagliaccio, del guitto, del saltimbanco. Poi, l’ondata di giustizialismo che si è diffusa nel Paese li ha assorbiti sempre più, il nuovo giornalismo d’inchiesta, arrabbiato e rampante, li ha influenzati. Così sono diventati tristi, biliosi, esibiscono sempre meno il culo e sempre di più l’indice accusatore.

Da qualche anno a questa parte, “Le iene” ha perso il cinismo, tutta la carica irriverente, è diventata una trasmissione di reportages, un ibrido, perché i reportages sono appannaggio di trasmissioni cosiddette “serie” come “Report” e “Presadiretta”. Non se ne può più di servizi sull’Africa per toccare con mano il cuore della sofferenza, oppure sul SudAmerica per far vedere il traffico degli organi. Con il solo fine di fare audience, le Iene conducono battaglie assurde e velleitarie, sposano anche cause perdenti, come quella delle vaccinazioni che provocherebbero l’autismo, per le quali vengono puntualmente smentiti dalla comunità scientifica. Le loro campagne di sensibilizzazione puntano soltanto all’effetto sorpresa, e a volte sono in contraddizione fra di loro; sono disturbanti o scioccanti, come quando, nel servizio sulla dolce morte, seguono la scrittrice francese Michelle che soffre di un male incurabile e ha deciso di porre fine ai suoi giorni in Svizzera, paese dove la legge permette il suicidio assistito. La trasmissione la segue fino al giorno del suo compleanno, prescelto dalla donna per schiattare. Così dopo aver festeggiato e brindato, Michelle beve un bicchiere di cioccolato al veleno e spira a favore di telecamera. Ma come si può? Mi vengono in mente i versi dei “Pagliacci” di Leoncavallo: “le lacrime che noi versiam son false! Degli spasimi e dei nostri martir non allarmatevi!”

L’unico talento comico del programma resta Enrico Lucci e il suo spazio è il momento migliore della trasmissione. Lucci, come il giapponese nella giungla che non sa che la guerra è finita, è sempre uguale a sé stesso, è veramente folle, stralunato, implacabile nel prendere per il culo il mondo intero, sia i forti che i deboli, e in questo caso si dimostra davvero spietato, sovvertendo il noto detto di Jefferson Davis “mai debole coi forti, mai forte coi deboli”. La sua vena umoristica non ha perso smalto negli anni. Peccato che sappia fare solo quello. Infatti, se lo si ascolta in qualcuna delle rare interviste che concede, quando parla seriamente è triste, malinconico, perfino noioso.

Stucchevoli sono poi i servizi sulle droghe o quelli sulle adozioni gay e sull’utero in affitto. Davvero le Iene vorrebbero farci credere che i bambini delle coppie arcobaleno siano i più felici del mondo? O che la grassa mamy californiana che si presta alla fecondazione eterologa sia una benefattrice mossa da filantropia e non invece una battona che lo fa per soldi?

A volte, per avallare certe presunzioni di reato, vengono inviati degli attori per spingere le vittime delle Iene a delinquere. Artificiosi e ambigui i servizi sulla pedofilia in cui un bel ragazzo biondo e aitante va ad insidiare il pretaccio porcone e a tentarlo con le sue moine fino a quando quello, in un impeto di non rattenuta lussuria, si avventa sull’efebico fanciullo per dare sfogo agli istinti carnali. Ma prima che lo slinguazzante e arrapato ministro della chiesa possa godere di quella insperata gioia, consumare il coito, ecco che la porta della sacrestia si spalanca e salta fuori l’inviato del programma che addita alla telecamera il libidinoso parroco. Il bello (o il brutto, secondo i punti di vista) è che il moto di ripulsa che lo ienesco moralizzatore avrebbe voluto ingenerare nello spettatore, sovente non si indirizza contro il ninfomane prelato, ma contro lo stesso inviato e la sua fottuta troupe che hanno interrotto sì soave idillio del quale ognuno avrebbe voluto seguire la fine, il compimento, la celebrazione. Infatti, se un boccoluto ganimede, per guadagnarsi la celebrità, accetta di prestarsi ad un servizio del genere, saprà anche qual è lo scotto da pagare. Ma le Iene vorrebbero davvero farci credere che le porcherie che succedono nelle sacrestie e negli oratori parrocchiali siano soltanto da imputare ai preti? Che, beoti, tanti glabri fanciulli e maliziose lolite, non sappiano quello che stanno facendo e non ne siano complici? E che, dopo aver goduto illeciti piaceri, corrano a piangere dai genitori, scossi da tanto oltraggio al fior dei loro gentili anni, traumatizzati nella loro innocenza? Soggiogati e sottomessi, plagiati? E non che, invece, d’accordo con mammina e papino, vogliano scucire al laido imprenditore del sacro dei bei soldoni? “Ma mi faccino il piacere!” Insomma, le Iene hanno perso il graffio, lo scatto, la voracità, e anche se continuano a far strame delle loro carogne, ormai sciacalli e avvoltoi gli danno dei punti nella savana, e il licaone presto o tardi le fregherà.

Paolo Vincenti