di Mauro Marino –

Il dibattito promosso da “Quotidiano” sulla riapertura del Teatro Apollo coinvolge e sollecita una necessaria riflessione tra gli “addetti ai lavori”. Gli interventi di Salvatore Tramacere, di Fabio Tolledi e di Salvatore Colazzo – recentamente pubblicati – hanno sottolineato la necessità di connettere il “nuovo teatro” con il ricco tessuto teatrale e culturale già attivo in città. Ottime riflessioni, ma – a mio avviso – l’apertura del nuovo contenitore rischia di aggravare – assorbendo risorse ed energie – la già precaria iniziativa pubblica volta alla cultura; necessariamente l’”occasione” dell’Apollo deve divenire il punto di avvio di una nuova visione, di un modo altro di concepire il progetto culturale che riguarda la città e la sua provincia.

Il problema reale – non trascurando la sostenibilità economica dell’impresa e la mancata, ad ora, formazione delle maestranze utili alla gestione e al funzionamento del teatro – è quello dell’interlocuzione e della rappresentanza politica. Una rappresentanza mostratasi in questi anni non sempre attenta alle istanze e alle proposte degli operatori culturali, una interlocuzione dunque debole ferma a logiche di “servizio” e di subalternità del mondo culturale alla volubilità della politica.

Dopo l’esperienza di “Lecce 2019” e con in piedi la pratica per l’ottenimento della tutela dell’Unesco, in una città come la nostra desiderosa di confermare la sua natura di “città d’arte” non si può più prescindere dal ruolo e dal peso che i protagonisti della scena culturale e artistica devono avere nell’indirizzo e nell’attuazione di politiche capaci di attivare e rendere “uniche” le proposte volte all’impresa culturale, agli spazi della cultura, alla tutela del patrimonio monumentale, al decoro e all’immagine della città.

Il mondo culturale non può dunque rimanere indifferente o fermo solo al “chiedere”, è necessario “fare” e trovare i modi per fare. Non si può più delegare ma è necessario dare corpo ad una rappresentanza politica che deve scaturire (per essere efficace e capace di mutare l’ascolto in buone pratiche) da una presa in carico diretta da parte degli attori della vita culturale cittadina nel finalizzare la loro “virtù creativa” al servizio della città.

Il 2017 sarà un anno cruciale. Saremo chiamati a rinnovare il consiglio comunale e a eleggere un nuovo sindaco. Un’ottima occasione per mettersi alla prova e dare corpo e idee ad un progetto largo e complesso capace di farsi carico del destino non solo dell’Apollo ma dell’intera città.

Il teatro Apollo è stato nel passato uno dei luoghi eletti del melodramma e dell’opera italiana, la forza e la grandezza del suo palco lo rendevano al pari di altri importanti teatri nazionali. È stato il cinema dove tanti negli anni Sessanta e Settanta hanno cresciuto la loro passione per i film; è stato luogo di memorabili performance nella stagione dell’arrivo in città delle prime band rock, memorabile lì un concerto degli Area e di Demetrio Stratos.

Non so come sia stato concepito il restauro, nell’acquisto dell’immobile da parte del Comune di Lecce nel 2003, sono mancate delle parti importanti che avrebbero dato alla gestione una diversa prospettiva potendolo immaginare un luogo di residenza artistica e potendo disporre di un bookshop e di un caffè sempre aperti alla città e al via vai di via Trinchese. Non so se nella nuova configurazione sia stato concepito un “ridotto” per permettere l’allestimento di spettacoli e di eventi diversi da quelli bisognosi del palco all’italiana. Non so come quel palco sia stato restaurato. Non so chi avrà agibilità a manovrare e a far funzionare l’articolata macchina teatrale, ad ora non mi sembra siano stati avviati percorsi formativi per macchinisti ed elettricisti di scena.

Mancanze e “non so” con cui sarà necessario confrontarsi all’avvio dell’attività. Evito qui le tante mancanze e le tante ferite riguardanti gli altri spazi cittadini, tante volte s’è ragionato senza trovare risposte, un fare capace di porre rimedi e risoluzioni al pressappochismo e all’incuria. A Lecce ognuno “recita a soggetto” eppure basterebbe poco per concepire interventi di affidamento, di compartecipazione nella gestione degli spazi per garantire qualità all’ordinario e rendere omaggio alla bellezza con una continua e motivata manutenzione.

Un ultimo pensiero: oggi Lecce e il Salento non hanno più un’orchestra sinfonica per il tramonto della ICO Tito Schipa e della Stagione Lirica, il teatro Apollo sarebbe una bella dimora per gli orchestrali, per un buon maestro e per una nuova idea della Stagione Lirica. Ah! quanta incapacità politica nella gestione di quella risorsa, significativa e importante nel dar lustro alla città dell’Usignolo d’Italia che vede anche la scuola da lui fondata preda del nulla. Ecco, Tito Schipa e la tradizione musicale leccese e salentina, meriterebbero certo qualcosa di più del siparietto di mezzodì in Piazza Sant’Oronzo.

Mauro Marino