di Marcello Buttazzo –

È appena uscito il libretto di versi “Tra l’attimo e l’infinito” di Giuseppe Fioschi. Venti liriche, dal passo musicale, pubblicate da Spagine poesia, con note di lettura di Mauro Marino e di Marcello Buttazzo. Giuseppe Fioschi è un autodidatta, che ama intensamente la lettura (soprattutto romanzi). Pur leggendo pochissimo i poeti del Novecento e contemporanei, lui ha una propensione, una predilezione a scrivere versi. La poesia è la grammatica delle anime sensibili. Chi ha traversato alcune stagioni turbolente e accidentate con il vento sulla faccia, chi ha saputo modulare e mutuare un immenso dolore in inedite e salvifiche opportunità di vita e di rinascita, in nuove frementi e pacate aurore vitali, è naturalmente, fisiologicamente predisposto (qualora recasse nelle vene l’inclinazione) a produrre poesia.

Prima viene la vita, poi la scrittura.

La vita va colta fra sogno e realtà, fra immaginifico e ordinario, fra onirico e quotidiano. Tra l’attimo e l’infinito. L’attimo è l’esistenza di tutti i giorni, che deve essere condotta con onestà, con rispetto, con postura morale ineccepibile. L’infinito è lo spazio di tuono, di brezze ed ebbrezze, da vezzeggiare, da agognare. L’infinito è una perenne tensione dell’anima, che ci porta a desiderare gli interminati spazi aperti, le frenesie d’amore, lo sguardo delle irraggiungibili e sdegnose chimere. Giuseppe, tra le altre cose, ama spropositatamente la bicicletta. Lui percorre il Salento in lungo e in largo. Osservando, scrutando, mirando paesaggi bucolici, posti di mare, di terra. “Continuerò a camminare pedalando. Negli occhi, campagne rifiorite. Mi annullo nel vento e nel tuo sorriso. Tra l’attimo e l’infinito, ti vengo a cercare, oh mio amato mare”, scrive in una sua lirica. Questa è una stagione ideale per andare in biciclette per le vie infinite. Primavera, soave, s’avanza. È tempo per Giuseppe di riprendere il suo viaggio e di naufragare nel paesaggio.

Nella silloge dell’Autore campeggia, solido e fragile, tenero, tutto il suo universo palpitante, il suo immaginario affettivo e sentimentale. Giuseppe scrive “in memoria di Piero”, che da alcuni veniva deriso. Dedica alla amata madre Cesarea, prematuramente scomparsa, versi affettuosi e accorati (“Cedevo smarrito e le tue mani carezzevoli facevano abbraccio allo scabro vivere”). Giuseppe sa respirare l’essenzialità economica con dignità, con decoro. È un lavoratore, padre d’una ragazza adolescente Genny (alla quale è dedicata la silloge). È un uomo che conosce la fatica di vivere, la sa affrontare con animo serafico. La lettura e la scrittura sono la sua panacea, il buon ritiro, il cantuccio franco in cui rifugiarsi, ma non per sperimentare momenti stantii di solipsismo, ma solo per meditare meglio, per poter edificare con più vigore e con più consapevolezza ponti conoscitivi con l’altro da sé.

Dicevo che Giuseppe è un autodidatta. Lui non ha studiato a scuola i grandi lirici del Novecento, eppure la musicalità alligna nelle sue vene. Le sue poesie sono molto belle, sono uno specchio chiaro, adamantino, pulito. Non c’è mai ridondanza o abnormità nel passo: c’è un incedere essenziale, che giova enormemente. Alcuni versi sono dedicati agli amici. E altri alla donna, alla musa, che sovente ha connotazioni quasi stilnovistiche (”Invitato nell’aurea dei tuoi occhi dolce, mi entrasti nell’animo scosso, e già t’amavo”). La donna descritta, non si sa quanto reale e quanto idealizzata. E, comunque, l’amore, in senso lato, è il motore mobile che tutto guida, che tutto crea. L’amore non distrugge mai, ma partorisce sempre nuova esistenza, genera. L’amore perpetra non solo la specie, ma veicola anche i valori, gli ideali, i sani principi. Auguro fortuna a questo libriccino. Chi lo voglia acquistare (offerta libera) può rivolgersi all’Autore. Auguro giorni sereni a Giuseppe Fioschi. Che il suo tempo possa essere bordeggiato di bellezza umana e di ricchezza fragile. Siamo tutti anime fragili, fuscelli al vento, che nell’abbraccio dell’altro possiamo contattare la nostra compattezza, la nostra essenza di donne e di uomini.

Marcello Buttazzo