di Marcello Buttazzo –

Ti cerco nel serafico silenzio della sera, nel cuore di pane della notte, quando la luna tace e le stelle ricamano rigagni di splendore compagno.

Ti cerco nelle aurore assetate, nella luce chiara che avvolge e sfama, nei mattini che ancora mi feriscono l’anima di solitudine e pianto.

Ti cerco in giro per il mondo.

Nelle piazze, i ragazzi si baciano: sono fuscelli nel vento. La gente si incontra, perché l’amore da sempre risorge con abbracci e strette di mano. Spio oltre l’ultimo orizzonte, oltre le nuvole, per incantarmi chiaramente del bello dell’infinito, per nutrirmi di te, donna che non esiti. “Al di là di te ti cerco. Non nel tuo specchio e nella tua scrittura, nella tua anima nemmeno. Di là, più oltre”, scrive Pedro Salinas. Anche io t’osservo in un oltre indefinito, di cieli rosei, di albe incatenate, di giorni che incalzano e tolgono il fiato, di afa soffocante, di piogge a dirotto che purificano e narrano.

Nel grande, universale e ineludibile libro delle relazioni umane, c’è spazio solo per l’amore vissuto, goduto, interpretato giorno per giorno, ai bordi delle strade, respirato mano nella mano, nelle linee del solco, giocato fianco a fianco con l’oggetto e il soggetto del desiderio?

O, più verosimilmente, l’amore è un accidente più sfuggente, più rarefatto, più complesso, che sa essere palpabile e impalpabile, razionale e irrazionale, presenza effettiva e assenza totale? Insomma, l’amore è solo quello che si vive ordinariamente, che sa dare affidabilità, certezze, parole sussurrate, baci schioccati in pieno volto, progetti condivisi?

O l’amore è anche un fanciullo muto o una fanciulla elusiva e maliarda, contraddittoria, maestra delle lontananze, regina indefinibile, dalia di fiori straziati. La fanciulla che non esiste. L’amore vero non è, forse, anche solo vagheggiamento, sogno stremato, canestro di esauste parole?

Alcuni sociologi ci fanno scovare gli aspetti più reconditi dell’amore e dell’innamoramento: essi tratteggiano le dinamiche intricate di storie e vissuti di donne e di uomini, destinati ai fidanzamenti, alle convivenze, ai matrimoni. Bellezza e unicità di rapporti praticati quotidianamente, armonici e conflittuali, infatuazioni, fiammelle che s’accendono, fiamme che si spengono, stabilità, instabilità, fedeltà, tradimenti.  Per certuni, l’amore è sole che brucia, che illumina i giorni: esso si presta ad una enucleazione dettagliata, ad una scomposizione in segmenti da ricomporre e interpretare in spazi usuali. Ma c’è anche un amore che lumeggia silenziosamente e perennemente fra le pieghe dell’anima riarsa: l’amore latitante, travagliato, l’amore che non c’è. L’amore che manca. “Io sono folle, folle,/ folle di amore per te./ Io gemo di tenerezza/ perché sono folle, folle,/ perché ti ho perduto./ Stamane il mattino era sì caldo/ che a me dettava questa confusione,/ ma io era malata di tormento/ ero malata di tua perdizione./, canta Alda Merini.

Marcello Buttazzo