di Marcello Buttazzo –

Retroguardia di primavera,
balla solo il papavero,
veglia sull’erba di maggio,
porge a un orecchio di vento
la parola degli inermi,
l’impronta inaudita
di ogni premessa tradita.
Il cielo inciampa silente
su calici color sangue.

In questa contemporaneità talvolta arida e insensibile, come non attendere con propositiva ansietà agognati slanci di cuore? In quest’era ferrigna, di egoismi e di sfrenati individualismi, come non desiderare una dolce carezza? Un agguato della tenerezza. Un procedere scritturale che obbedisca non solo alle leggi auree e limitate dalla logica, ma che sappia plasmare lo spazio e il tempo anche di immaginazione, di sogno, di fantasia. Di poesia. “L’agguato della tenerezza” è il nuovo libro di poesie di Alessandro Cannavale, pubblicato da besa/muci (ottobre 2023). Alessandro Cannavale è un ingegnere e ricercatore universitario nel settore della fisica tecnica. Collabora con varie testate, fra cui “Il Fatto Quotidiano”, “Basilicata 24”, “La Repubblica”. Fra le altre cose, nel 2020 è uscita la silloge “Il sarto dei piccoli strappi” (Les Flaneurs Edizioni), opera finalista al Premio Letterario Nobokov nel 2022. Il canto di Cannavale è una storia inesausta di bellezza, di delicatezza. Di tenerezza. L’amore per la sua terra, l’attaccamento alle radici d’un testimone che sa radicarsi e sradicarsi, la vicinanza ai poveri, agli ultimi, ai diseredati, ai giovani disoccupati, la voce usata liricamente contro i potenti e i prepotenti della storia, sono paradigmi usuali della sua poetica. Epperò, sarebbe restrittivo e ingeneroso asserire che Cannavale sia unicamente un poeta civile. Lui è anche un fine cantore d’amore, sempre intento ad edificare abbracci, non solo fra i versi, ma anche fra gli uomini, fra le donne.

Questa terra, il Sud, è luogo da dove si parte, è porto d’approdo, è contrada dove si resta. E la filosofia della restanza e della partenza, con tutti i corollari sociali, politici, umani connessi, trova ampio spazio fra le pagine di Cannavale. Non è un caso che i versi d’apertura del libro siano dedicati a Vito Teti, antropologo, sociologo, poeta, che della restanza ha fatto carne vibrante e teoria antropologica. Sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare, è un impegno programmatico del percorso umano, scientifico e letterario, dello stesso Cannavale. Sintomatiche le parole di Teti: “Perché, in definitiva, si resta anche quando si è in esilio e si parte anche restando (tornando a casa)”.

Cannavale è un giovane studioso, un ricercatore, un poeta, che si divide essenzialmente fra Lecce e Bari, che sa dire con soavità che “la voce di chi parte/corre sulle dita dei salici,/la voce di chi resta/ soffia nel flauto/delle ultime case/”. Nella splendida prefazione, Elisabetta Destasio Vettori scrive: “Presente nei versi di Cannavale vi è un anello portante e fondante e che è rappresentato dalla terra madre, l’attaccamento ad essa, la riconoscenza per i luoghi che hanno generato la vita in tutte le sue prospettive, angolazioni, compresi i punti deboli, i difetti e le fragilità della catena di appartenenza. L’accettazione della morte, la sacralità e la benedizione delle nascite”.

Cannavale è intimamente legato alla terra natia, tanto da ricordare l’odore di casa, di tana e di pane buono, il bianco delle pareti, il buffo orologio fatto con lancette di fortuna. Nella vivida memoria, la luce d’inverno che tagliava la stanza fino in fondo, fino al biondo dei capelli della mamma. Il giardino fioriva dell’età. I genitori, allora, erano la rosa.

La poesia di Cannavale è popolata di presenze, gente che alluzza il suo sentimento di uomo e di poeta; epperò, pregnanti sono pure le assenze, che scorrono nelle vene dell’aria. Una nota precipua che anima tanti versi del poeta è la tenerezza (un agguato d’amore) per gli ultimi, per i senza voce: “Saluto ogni mattina/un cristo fattosi carne/per dormire sulle panchine./Ha piedi mani piaghe vermiglie/l’edificio della chiesa che amo/”. Il Meridione è porto d’approdo, laddove i disperati delle acque e delle terre giungono carichi di speranze e di attese. In fondo, come dice Cannavale: “Siamo tutti migranti/ su un mare di respiri/”. La tenerezza agguanta i ceti subalterni, che vengono sballottolati in questo triste tempo. “Il cuore è nei dettagli/nel lavoro dei precari/nei sogni fatti a maglia/”.

Cannavale fustiga i potenti. A loro, preferisce i giovani, “perché ad essi soltanto è permesso sbagliare”. Preferisce i giovani a chi spende in debito il futuro di chi nasce, alle etiche elastiche brandite a feticcio, a chi non paga le tasse, a chi risparmia sui sogni dei figli degli altri, a chi tarpa le ali alle belle utopie. Il poeta ama le parole che sgorgano reduci da lunghi silenzi. Il poeta conosce l’incanto, la meraviglia. E il dolore. E alla ferita risanata, talvolta riaperta, ritorna come un devoto al suo santuario. Ritorna alla ancestrale ferita, il poeta, e ancora sente sangue carsico gridare profondo. Il sacro, per Cannavale, non alloga nella fissità dei dogmi. Lui di sacro conosce solo i dolenti, lo sguardo limpido degli ignari lattanti. E sa pure, il poeta, che i potenti sono la mortificazione della sacralità della vita umana. Il problema del mondo non sono i poveri, ma il profitto che divora l’aria, la plastica che s’annida nelle viscere dei pesci. Il canto civile e politico di Alessandro si fa lancinante quando viene evocato il dramma dei migranti. Il Cielo tace al cospetto di bambini inghiottiti dalle onde. Il Cielo non sa chiudere la bocca e non sa maledire chi ciancia a sproposito di vecchi confini.

“L’agguato della tenerezza” è anche l’ipotenusa d’amore d’un piccolo bambino, venuto ad arricchire l’esistenza del poeta. La tenerezza è palpitante in quelle mani minuscole che giocano con le radici del mondo. Nella raccolta di poesie ci sono, tra l’altro, versi dedicati a Gaetano Salvemini, al poeta “contadino” Rocco Scotellaro, a Rina Durante. Il verso libero è essenziale, senza complicanze d’alcun tipo, sebbene ricchissime siano le immagini e la ricerca linguistica. Un poeta impegnato, Cannavale, e al contempo leggiadro. In questi ultimi tempi di efferati femminicidi, qualcuno ha prospettato opportunamente l’eventualità di insegnare nelle scuole educazione sentimentale. Forse, sarebbe prioritario far veicolare fra i giovani libri come “L’agguato della tenerezza” di Alessandro Cannavale, per comprendere le scaturigini di tutto l’amore del mondo, per affratellarsi, per condividere il pane compagno della poesia.

Ci si ferisce talvolta
su roveti di ricordi.
Si cade e si risorge
sui bianchi deserti
di un foglio di carta.

   Marcello Buttazzo