di Alessandro Cannavale –

Marcello Buttazzo è un poeta amato e apprezzato. Lequile, comune prossimo al capoluogo salentino, è la mappa dei luoghi e della luce da cui giunge il segnale tenace ed esile della sua poesia. Al suo paese è infatti dedicata una delle poesie raccolte nella silloge “E se nel giallo ti vedrò“, edita da i Quaderni del Bardo, con progetto, cura grafica e impaginazione di Mauro Marino. La cifra dominante della scrittura vibrante di Buttazzo – come evidenziato da Roberto Dall’Olio, nella sua nota introduttiva – è senz’altro insita nella sua deliberata opzione lirica, con la resa cromatica delle venature palpitanti di lacerazioni che scuotono lo sguardo sensibile del poeta.

Un’opzione che trova in chi scrive forte consonanza e sincero apprezzamento. Il giallo incandescente della Musa nascosta, che abita discreta le pagine di questa raccolta, testimonia lo scostamento cromatico del climax d’intensità creativa che fa da trait d’union nelle opere di Buttazzo. La poesia viene vissuta come pratica laica, dai chiari accenti francescani.

Rifiuta programmaticamente – quasi in esergo – la diffusa superficialità del nostro tempo.

La primavera è segno e suono, mormorio di promesse. La cura della parola è parte della poesia. Buttazzo sceglie lemmi con trepidante attenzione. “S’ammarra nel tuo porto pace”.

“Mille calìe e un amaranto”.

Negli “sconquassi minerali” che suscita l’aura dichiaratamente gialla dell’amata, persino il Sole sembra restare acceso.

Buttazzo ha parole scelte per l’umanità randagia, per la Terra a rischio, dentro due occhi di cerva. La poesia diventa “un cesto di parole taciute”. Le primizie in versi esprimono l’offerta lirica, che si compone sull’altare del foglio bianco. La visita ai defunti è vero ritorno alla vita: “Ho imparato a godere/ dell’attimo infinito/ delle stagioni ferite/ delle foglie morte”. La poesia si fa voce degli esclusi. È un atto coraggiosamente politico, emancipato dalle grigie contabilità del consenso. L’amore è per Buttazzo “Salvarsi la vita,/ la vita/ degli incerti cammini”. Lasciarsi sedurre dalla generosità delle albe “dei bagliori e del cilestrino”. Così, trovare – nella poesia – il coraggio per scardinare il silenzio con la sola possibile dolcezza del verso.