di Marcello Buttazzo –

“Anche la notte ti somiglia,/ la notte remota che piange/ muta, dentro il cuore profondo,/ e le stelle passano stanche./ Una guancia tocca una guancia-/ è un brivido freddo, qualcuno/ si dibatte e t’implora, solo,/ sperduto in te, nella tua febbre./ La notte soffre e anela l’alba,/ povero cuore che sussulti./ O viso chiuso, buia angoscia,/ febbre che rattristi le stelle,/ c’è chi come te attende l’alba/ scrutando il tuo viso in silenzio./ Sei distesa sotto la notte/ come un chiuso orizzonte morto./Povero cuore che sussulti,/ un giorno lontano eri l’alba./”, canta Cesare Pavese.

Sì, la notte ti somiglia, la notte errante ha il tuo sapore. La notte solitaria e raminga fa brillare i tuoi denti di perla, fa tralucere i tuoi occhi come lampioni d’estate. Sì, la notte ti somiglia, la notte pellegrina ha l’etica dei tuoi sentimenti. Il tuo desiderare mai banale, i tuoi istinti ancorati ad un’essenza di ragione, il tuo procedere pianamente sulle strade del mondo. Ti somiglia la notte stellata, con una luna introspettiva e interrogativa, che insistentemente si chiede: “Ora dove sei?”. Dov’è il tuo cuore, che scardinava lo scuro e apriva le porte del giorno? Dov’è il tuo cuore di ciliegia, che sapeva scandire i minuti, gli attimi, per rendere ancora vivibili istanti d’eterno? La notte ti somiglia: c’è una febbre d’amore nelle ossa, sete di te, del tuo tempo, che sapeva donare gioie ed ebbrezze. Il tempo, che tu custodivi gelosamente. Il tempo della passione, che accendeva tutte le lucciole del Creato. Ora vivo e respiro nell’intimo tempo del ricordo. Di quando inebriavi la notte con le tue trasparenze. E il tuo bacio era l’unico antidoto che sparigliava l’ovvio. Ti rivedo, quell’estate memorabile, sull’altalena. Dondolavi un bimbo in fasce. Le tue gambe tornite di pesca e arancia. Su e giù, su e giù, serenangelo mio, il tuo scrigno segreto nascosto dietro mutandine rosa. Le tue mitiche mutandine rosa con la scritta “scopri il mio tesoro”. Come rosa, cuore di rosa. La memoria di ciò che fu nobilita questo presente. Lo rende accettabile e percorribile. Di notte svanisce l’asprezza greve del giorno. Non ricordo più i pugnali di noncuranza piantati nel petto a fiaccarmi l’anima. E coì, amore, traluci sul tuo cavallino al trotto su una terra paesana. Cavallino, cavallino biondo. Cosa scorre alla foce del tempo? Non ricordo dolore o disamore, ma solo sorrisi, l’incredibile estate e una storia di fiaba. Di notte mi ritorni in mente. Estasi di luna, sogno definitivo, firmamento delle rare stelle. Ancora oggi mi chiedo: dov’è la fanciulla che sfidò la morte? Dov’è la magia di suoni, che mi illuse, che ci illuse? Spire di fumo e un cuore che non mente. Stratagemmi di bellezza in fianchi di candore, l’allegrezza ebbra del viandante ebbro. Magie di luna donavi alla notte. Solo il tuo bacio scioglieva la morte. Non è più tempo di chimere, ma di amori nel vento. Frugheremo fra le pieghe del giorno, interrogheremo la sorte. Brillano i firmamenti e anime folli d’amore nelle notti accese di incantamenti. Trepidammo come vento nella terra delle tramontane. Verdeggiammo come vitigni in un caldo settembre, di ogni disfatta rovinosa tabaccammo granelli di vita. Banchettammo per strada. Cos’è che ammalia ancora in questa calma di stanze silenziose? Un profumo di donna e un cuore rosso d’anguria. Scalcia e corre a perdifiato sul tuo seno di mandorla il cavallino fanciullo. Anche la notte ti somiglia, questa notte d’agosto. Come quando venivo nella tua casa di paese. E il tuo giardino era un pullulare di rose e di gerbere. Anche la notte ti somiglia, questa notte che ha ormai il fiato corto e anela l’alba. L’alba che verrà con il suo pallore e con le sue attese. L’alba che tornerà, ancora una volta, per nostra beatitudine. Tornerà l’alba, perché io possa scrivere per te: “Stamane/ l’aurora/ m’ha destato/ al color di gelsomino. /Bianco pallore/ del tuo viso, / stratagemma d’incanto/ che accende le gote-stelle. / Le tue gote di pesca/ sono pane./ Stamane/ l’effluvio del tuo cuore/ mi è stato vicino./ Come raggi spumeggianti/ a contenere/ la tua bellezza altera/ e a lumeggiare la mia perenne/ interminabile sera./”

Marcello Buttazzo