di Antonio Stanca –Ø

Amore è il terzo romanzo della scrittrice norvegese Hanne Ørstavik, lo scrisse nel 1997 e fu un successo tale da farlo votare, nel 2006, come il migliore romanzo norvegese degli ultimi venticinque anni. Ora è comparso in Italia per conto della casa editrice Ponte alle Grazie di Milano. Al lavoro di traduzione di Luigi Spagnol ha collaborato l’autrice che dal 2017 vive a Milano. Più di venti sono le lingue nelle quali Amore è stato tradotto, è stato finalista al National Book Award ed ha vinto il Pen Award. Anche gli altri romanzi della Ørstavik sono stati molto tradotti ma Amore rimane fino ad oggi il suo lavoro più noto anche all’estero.

La scrittrice è nata a Tana, contea di Finnmark a nord della Norvegia, nel 1969. Si è poi trasferita con la famiglia ad Oslo dove ha studiato e si è laureata. Al 1994 risale il suo esordio letterario avvenuto col romanzo Hakk che sarebbe stato seguito da altri undici romanzi e che, insieme a questi, avrebbe fatto della Ørstavik, appena cinquantenne, una figura fondamentale nel panorama culturale e artistico dell’Europa contemporanea.
È una maniera nuova quella seguita dalla scrittrice nei suoi lavori, è un confronto che in ogni romanzo avvia e persegue tra la vita interiore e quella esteriore, tra l’anima e quanto le succede intorno, tra i bisogni dello spirito e il modo di combinarli, soddisfarli all’esterno o vederli fallire. Da vicino rappresenta le situazioni dei suoi libri la Ørstavik, insieme sembra che stia ai suoi personaggi, che con essi si muova, pensi, agisca senza che mai si tratti di movimenti, di pensieri concreti, precisi, definitivi. Per accenni, allusioni quando non per ricordi, sogni, immagini procede la scrittrice. Nella mente, nell’idea più che nel corpo, nella realtà, avviene quanto da lei scritto. Con se stessi parlano gli interpreti, i protagonisti delle sue opere, la loro “coscienza” seguono, il suo “flusso” così come avviene, in maniera irregolare, disordinata, sempre esposta a interruzioni, variazioni, riprese, continuazioni.
È una lezione che viene da lontano, dall’Ulisse di Joyce, ma che Ørstavik fa sua, arricchisce. Passa nelle sue narrazioni da una situazione ad un’altra, si sposta tra persone, luoghi, tempi diversi a volte cercando quanto di uguale può esserci o avvenire tra essi.

La voce dello spirito insegue e come anche a distanza può assomigliare vuol far vedere: è una scrittura che coinvolge, affascina, che non è facile seguire perché fatta soprattutto di immaginazione.
Così pure in Amore dove una madre molto giovane e molto bella, Vibeke, giunge con un figlio di nove anni, Jon, in un piccolo paese della Norvegia settentrionale e con lui vi si stabilisce. Nella vicina città c’è un luna park. Lei si è separata dal marito e nella nuova residenza ha avuto un incarico presso il Centro civico. Deve sovrintendere ad attività di carattere culturale. È un’appassionata lettrice. Il bambino va a scuola.

La notte del romanzo è quella che precede il giorno del nono compleanno di Jon. La sera lui era uscito da casa per distribuire i biglietti della lotteria tra le famiglie interessate mentre la madre era andata in biblioteca. Torneranno a casa l’indomani mattina dopo una notte gelida. Jon, dopo i biglietti, si fermerà con una delle due ragazze che nei pressi delle loro case stavano pattinando, starà con lei in casa sua e poi nella macchina di una signora che lo porterà in tanti posti; Vibeke, trovata la biblioteca chiusa e messasi in giro, s’imbatterà in uno degli uomini del luna park che l’accoglierà nella sua roulotte e col quale poi si sposterà in macchina tra luoghi diversi.
Una madre e un figlio piccolo rimarranno separati tra loro e lontani da casa per quasi tutta una freddissima notte d’inverno. A differenza di lei lui penserà spesso di tornare a casa. Entrambi, tuttavia, si fermeranno con persone appena conosciute con le quali non parleranno molto, non faranno molte cose ma verso le quali proietteranno tutti i loro pensieri, tutte le loro aspirazioni, tutto quanto sta succedendo in loro, nella loro anima, nella loro coscienza. Quelle persone, la loro casa, la loro macchina, la strada, i locali notturni saranno l’esterno col quale si confronteranno, saranno l’“altro da loro” col quale verranno a contatto e al quale rivolgeranno la loro intimità fino alla più remota, alla più segreta, a quella sessuale, saranno più importanti di tutto.
Sarà questo “l’amore” del quale vuol dire il titolo dell’opera, sarà quello di una madre e di un figlio divenuti viandanti notturni, bisognosi di dire di sé a chi è capitato con loro, senza che lo conoscano.
Non diranno molto, non otterranno quanto cercano, non si libereranno dalla loro condizione, a casa torneranno per continuare nei loro sogni, per inseguire i loro fantasmi.

Nuova, originale è stata la Ørstavik, meritato è il successo che ancora accompagna questa sua opera.

Antonio Stanca