di Marcello Buttazzo –

Ai primi lucori del giorno compagno m’interrogo sul sapore dell’alba! Solitamente quando la notte lascia il posto alla fiammeggiante aurora, capisco che è ora d’andare. Il giorno non può più attendere. Esco per strada, per contemplare in silenzio la piazza di Lequile che si fa bella. Confido alla lieve brezza la mia antica pena. A volte penso che dirò le mie parole al vento, perché desiderare un amore è parlare al vento. Al crepuscolo, andrò, passo passo, nei trasognati giardini di rose e gigli, stanco dei loro banali profumi. Rapinoso pirata, cercherò gli inquieti porti dei fascinosi turbamenti. Che tristezza poi, al calar della sera, stanca è l’attesa. Eppoi tutti insieme aspetteremo ancora smaniosi che la pallida luna torni a rischiarare di false, vane promesse l’immobile cerchio del pozzo. E con l’anima in spalle fuggiremo via, ancora verso la giovane aurora. Per cercare di comprendere la ragione della luce, del respiro d’un attimo. Vivremo questi ultimi giorni del mare d’agosto. Tempo di calure e di erbe profumate. Lentamente si popola l’azzurro marino. La gente si ferma nei bar di paglia dorata, in canneti di sabbia. Il mare è una bara di sole dai colori verdini a picco sul meriggio. Il mare. Stare distesi al sole per noi è fatica, meglio l’acqua. Tuffarsi fra le spume di bianco è incanto per noi, orfani alla continua ricerca d’una serafica accoglienza. Meglio l’acqua, quest’acqua, madre eterna che ci coccola e ci porta con sé, figli del ricordo e del sogno. Rammento ancora quell’ultimo agosto. Dicesti: “Attento, stai attento, l’amore passa e non torna”. Sono volati gli anni, le incerte stagioni, ho mutato il pianto, gli umori. Il tempo. Ancora t’immagino di fronte al mare su quel muretto di crosta e la voce, “Attento, stai attento, l’amore passa e non torna”. Stretta al mio petto, venivamo catturati dall’incedere oscuro della sera. E così mi piego alla notte, perscruto le sue ragioni intime. Di notte, mi sveglio talvolta di soprassalto, mi sveglio col cuore in gola, esco di casa a raccattare amore. Corro da solo a piedi su una terra di cemento e vado, vado per strade, dove i galli cantano ed imbrogliano l’alba. Succede che la placida notte coi suoi colori scuri abbia fretta di dileguarsi. E allora ritengo che sia inutile attendere vanamente sotto il portone di casa schiere di giovani fanciulle. Talvolta penso che sia davvero tardi e che debba svegliare l’alba, soprattutto quando il gallo più non dorme. Di notte, il cielo è buio, ma consapevole dei bagliori del nuovo giorno. E poi ripeto: “Forse, bisogna andare, illudersi ancora una volta d’esistere”. Ma io ti cerco soprattutto nei fulgori del mattino:

E poi
negli anni
fragore di battaglia
lampo del suono
incerto amore
e gli umori che sfuggono,
uccelli migratori
in cerca di lontani posatoi;
e poi il ritorno…

Ti cerco e, nonostante tutto, ti trovo sempre, perché tu non sei fatta di carne ed ossa: tu sei un’idea. Tu sei l’aurora. Tu sei il giorno che ritorna. L’alba mattutina porta sempre i segni della notte, avvolta fra spire di sogno e mantiglie di rosso. I dolci fantasmi nei ripostigli della memoria si dileguano al fiorire del nuovo giorno. Esco di casa a ritrovare tracce di me. Per le vie odo garbati schiamazzi, lieve rumore di parole, frasi confuse di lavoratori che s’apprestano a partire per le solite mete. La piazza di Lequile s’inazzurra nel sole. Un amico mi chiama e mi offre il caffè nel bar del risveglio. Sono contento d’essere vivo e di andare, desto, incontro al mio destino.

Marcello Buttazzo