di Marcello Buttazzo –

Il marchigiano Sergio Carlacchiani è un perfomer, un attore, un poeta, un pittore. Direttore e ideatore artistico di varie rassegne teatrali e culturali. Da molti anni porge la poesia in modo multimediale. Ha conosciuto e collaborato con importanti personaggi della cultura e dello spettacolo, tra i quali Alda Merini, Margherita Hack, Sergio Rubini, Eugenio Finardi, Fausto Cigliano, Fabrizio Bosso. Il suo nuovo libro dal titolo “Testamento” è stato appena pubblicato (giugno 2022) da RP libri. Sergio Carlacchiani è un attore e un poeta molto attivo, che scava a fondo nella parola, penetra fra le pieghe più intime, lascia emergere moti sommersi di notevole impatto. È uno sperimentatore, un archeologo dell’anima, che sa modulare sentimenti con trasporto, sa scendere fra i segreti dell’io, del suo io immaginifico e creatore. Spesso si mostra nudo, completamente con i nervi scoperti, sa indagare l’infinito mistero della Natura e del mondo.  “Testamento” è un bel viaggio in un’anima pulsante d’amore. Poesie, pensieri ed epigrammi si susseguono come un fiume di bellezza, come un racconto continuo, che rompe gli stereotipi e gli schemi predefiniti del verso canonico. Negli epigrammi, di fatto, Carlacchiani segue un registro fortemente poetico, la punteggiatura scompare, appare però ben definita la sua indole, che ripudia i compromessi e gli aggiustamenti ideologici. Come ha scritto Nicola Bultrini nella prefazione, “l’andamento è torrenziale, tantissime sono le immagini che si riverberano sulla pagina. C’è una tensione magmatica che investe il lettore. Ma è pur sempre un canto che esplode da una profondità, che grida la sua urgenza”. Carlacchiani fa appello alla memoria per sognare il padre che passeggia inquieto con le ali nei piedi nel viale di platani monumentali. E si riconduce alla dolce rimembranza per rievocare l’amicizia amorosa con Alda Merini, alla quale dedica splendidi versi. Lui, pur di incontrare la grande poetessa dei Navigli, era disposto a fare mille chilometri in autostop. E tenere sono le parole di Alda che chiede a Sergio di comprarle un pacchetto di sigarette e magari anche una bella bottiglia di Barolo. I versi dedicati ad Alda da Sergio sono d’una soavità assoluta: “Da tempo sei cicatrice che duoli/febbre nel sangue scorri volto madido/come fracido dolore appari angelo mio? /”. Sergio ed Alda si baciavano i sorrisi, ogni volta che s’incontravano le nuvole volavano da un’altra parte. Nella sezione “Dispacci di guerra”, Carlacchiani lancia il suo grido contro le armi ferine, contro la sciagurata iattura, la guerra, la vergogna del mondo.
Negli “epigrammi e pensieri di scompigliato silenzio”, compare un caleidoscopio esteso, espressione di pensamenti sulla notte, sull’alba, sulla vita, sulla morte, sull’arte, sulla poesia, sulla contemporaneità, sugli affetti, sulle muse, sulla malinconia, sulla giovinezza, sull’incanto. Carlacchiani ama scrivere di notte, quando l’anima urla e va all’assalto dei primi lucori dell’alba. “All’aurora la delicata rima delle cose entra in scena/l’emozione si rinnova e un tremito vago nell’anima/”. Il poeta sostiene che l’avventura notturna lo considera benvenuto straniero. Siamo tutti anime stranieri, in cerca della stella lucente. Il poeta di notte è più fragile, è più vulnerabile, e la sua voce declama, forse, con più libertà, con più incanto. Molti epigrammi hanno per protagonista la poesia, “la maestra poesia”, come direbbe l’amata Alda Merini. Per l’autore, la strutturazione d’una poesia, “è una vera e propria battaglia”, “un sisma incessante”, un viaggio affascinante drammatico e fantastico”, qualcosa che rasserena come la rigenerante armonia d’un canto. La poesia è stupore, autenticità. La poesia di Sergio Carlacchiani è vera, perché fiorisce dai suoi vissuti e dall’intricarsi dei rapporti fra l’io poetico e l’altro da sé. Sicché Sergio può giustamente asserire: “I miei versi non provengono da preludi ebbri non sono/ e non saranno mai frutto di un accidente estetico/”.

“La parola poetica scritta e testimoniata
avanza nelle notti tormentate si fa per me
arma di luce che indosso singhiozzando”.

Carlacchiani è un poeta della luce, che prova tutte le ansie e tutte le angosce del mondo, ma le sa trasformare in raggi radianti. Il prefatore Nicola Bultrini ritiene che questi testi non siano nati solo per essere letti, ma anche per essere “recitati” o “gridati”. C’è nei versi una intensa tensione, un silenzioso fragore che si sostanzia in visioni struggenti. Nell’ultima sezione di “Testamento”, intitolata “Grattacieli di parole e resti di versi”, c’è la premura del poeta che vorrebbe abbracciare la terra, l’arte. C’è il suo essere un minuscolo filo d’erba francescano nell’immenso della Natura. Nell’ultima sezione possiamo leggere poesie sulle muse, sulla giovinezza, sugli affetti. Fra le tante, colpisce per pathos diffuso la poesia dedicata a Gabriele Galloni, poeta del Trullo deceduto a 25 anni. Sergio Carlacchiani è un artista multipolare, che sa tenere sempre desta e viva la fiammella della poesia.


Marcello Buttazzo