di Marcello Buttazzo –

Le cose più belle
Le scrivono le rondini
Non i Poeti allevati
Tra le gabbie dell’Utopia.

Le cose più belle
Le scrivono i pazzi, i criminali, gli offesi
Non i Mandarini della Rivoluzione.

Le cose più belle
Le scrivono le foglie
Non gli uomini arrampicati
Agli alberi della conoscenza.

Io non sono rondine, né pazzo, né foglia
Per questo non so scrivere
Le cose più belle.

La scrittura onesta ripudia gli orpelli e le sovrastrutture ideologiche del pensiero. La scrittura onesta mostra nuda e pulita l’anima dell’autore, specchiata in un mare chiaro di parole. Ci sono poeti, che pur essendo famosi e importanti, conservano un’indole bambina, incline alla meraviglia, allo sbalordimento, alla stupefazione. Ci sono poeti, che pur avendo traversato varie stagioni, sanno conservare l’illesa bellezza del canto, la postura contegnosa dei versi, una vitalità dirompente, che si riverbera negli scritti. Un autore sempre giovane e onesto (con il proprio sé e con gli altri) è il milanese Donato Di Poce, poeta, critico d’arte, scrittore di poesismi, fotografo, critico letterario, artista poliedrico, innovativo, dotato di grande umanità e di CreAtività. È uno scrittore prolifico, Donato, ha pubblicato 43 libri (tradotti anche in inglese, arabo e spagnolo), 20 ebook e 40 libri d’arte Pulcinoelefante. Dal 1998 è teorico, promotore e collezionista dell’Archivio Internazionale Taccuini d’Artista e Poetry Box. Il suo nuovo libro di poesie s’intitola “Una questione di stile”, edito nel 2022 da Eretica Edizioni. Questo libro è dedicato dall’autore “a tutti i poeti che dal buio dell’anima del mondo sanno indicare la via della luce e insegnarci a riconoscere la bellezza e ad ascoltare le parole del vento”. In “Una questione di stile” è riconoscibilissima la cifra inerente di Donato Di Poce, la sua ironia, l’impegno civile, l’indignazione, in certuni casi anche la pacata invettiva, la postura lirica elevata. La pittura delle parole è un vero cesello d’arte. In certi passaggi fotografici del verso, Di Poce ricorda l’essenzialità fulminante di Sandro Penna. Nell’introduzione Tomaso Kemeny scrive: “Come si sa i poeti non sono i malati mentali, ma i medici della civiltà e Di Poce, in questo suo scritto, prescrive come cura, come medicina, lo stile, una forma verbale che abbia il potere perturbante di rimettere in sesto il battito cardiaco del lettore e del suo microcosmo”.  Il poeta impiega la parola per suscitare nel lettore moti di pensamenti, ed è davvero il medico che ci mostra la ferita sanguinante, e talvolta la sa medicare con accortezza, con cura. Nella postfazione, Mariella Colonna, recentemente scomparsa, ha sostenuto d’aver letto “un libro cesellato con l’anima, perfetto e incompiuto come ogni vera opera d’arte”. Con la magia e con l’incidenza della parola meditata e modulata, Di Poce sa creare e evocare scenari attraenti. Di Poce sa, sulla scia del grande Shelley, che la poesia trasforma ogni cosa in amore; esalta la bellezza di ciò che è più bello e aggiunge bellezza a ciò che è più sgraziato. “Una questione di stile” si legge agevolmente, scorre come un fiume, come un racconto, e si compone di tre sezioni: “Il mestiere dello scrittore; “Non assassinate i poeti”; “Le parole che non so dire”. Donato ha una grande umanità, si sente ogni giorno trasformato dalla poesia. Un giorno è curdo, l’altro albanese. Lui, oltre ad essere un febbrile scrittore, è un divoratore di libri. Ama, ovviamente, i poeti. Leopardi, per aver respirato fino all’ultimo l’infinito; Saba, per essere stato corretto con tutti, anche con se stesso; Sereni, il più grande poeta del silenzio creativo; Penna, che ha scontato la vita vivendo; Paolini, per la sua lettera al Papa e per le sue Eresie; e tanti altri ancora. Dicevamo dell’ironia, che è corrosiva nei confronti, ad esempio, di alcuni Accademici, “aspiranti“ Nobel, che si riflettono nel loro sfrenato egocentrismo. Con generosità, Donato offre consigli a un giovane poeta, gli dice di non curarsi di coloro che gli chiedono essere mago, genio, ma di continuare ad essere un Poeta. Donato rimembra la sua passione dei vent’anni per Allen Ginsberg:

Mi ero educato da solo
Alla vita e al verso libero
Addormentato fra le foglie d’erba di Whitman
E avevo incontrato poeti pagani, beat, e Neosperimentali.
Ma solo tu mi avevi insegnato
La libertà dell’anima
E a guardare in tutte le direzioni.

Struggente la poesia “Quando un poeta muore”, dedicata a Roberto Sanesi. “Quando un poeta muore/Qualcosa si spegne dentro/Come se qualcuno/Ci avesse strappato una stella dal cuore/”. Donato di Poce è poeta dell’affabilità e dell’amore e dell’amicizia. Versi stupendi sono scritti per Sergio Gabriele, per Gian Franco Grechi, per Roberto Roversi, per Roberto Dossi, per Franco Colnaghi, per Giuseppe D’ambrosio Angelillo, per Tiziana Cera Rosco, per il genio Franco Battiato. I versi di Di Poce sono eleganti, sostenuti, purtuttavia improntati alla leggerezza, che per Donato è fatta di vento, ha il sapore del sale, il delirio di un’anima innamorata. La leggerezza si nasconde fra i confini delle nuvole, ha i rami imbiancati di neve, brilla ai primi soli nell’abbraccio del mattino. La leggerezza ha la forza del mare d’inverno, ma si spegne come una lucciola appena cerchi di catturarla. “Una questione di stile” è un manuale di scrittura. In fondo, si scrive, come puntualizza l’autore, perché si hanno nel cuore tanti fogli bianchi; si scrive per non farsi depredare dai silenzi della notte; si scrive per gli assenti e per quelli che non hanno voce; si scrive dopo i missili e le fosse comuni. Il libro si chiude con un urlo straziato contro la guerra ferina. Il poeta ha visto dittatori parlare di Denazificazione, ha visto diplomazie trattare mentre i missili bombardavano città, ha visto civili abbattuti come birilli mentre erano in fila per il pane, ha visto pacifisti qualunquisti invocare crisalidi di pace mentre la guerra riversava corpi martoriati nelle fosse comuni. Ha visto la retorica dell’equidistanza insanguinare macerie di teatri, asili nido e ospedali. Di Poce si augura solo di dormire un sonno eterno e di risvegliarsi domani tra i costruttori di Pace. “Una questione di stile” ha come protagonista assoluto l’uomo, con le sue virtù, i suoi limiti, le manchevolezze. L’uomo, che vive le cose del mondo, e si apre fiducioso ai venti della poesia.

Oggi ho portato con me
Virgole, sospiri e puntini di sospensione
Mentre i trattini li ho ammucchiati
Qua e là dietro l’emozione.

Ho portato anche le metafore cometa
Il trenino di Bogotà
E perfino il fiore con postilla allegata.

Non ho scordato
Il manuale di stile
E nemmeno l’ispirazione.

Perché la vita oggi mi fa male
E non voglio fare
Nemmeno un errore grammaticale.

Marcello Buttazzo