di Marcello Buttazzo –

La vita sofferta, con il vento sulla faccia, con i ricordi frammentati, con le radici fatte a pezzi. La vita errante, profuga, di uomini, donne e bambini, in fuga da conflitti ferini e da nera miseria, esige sempre massimo rispetto e senso d’umana accoglienza. In Europa, le ricorrenti rivendicazioni demagogiche dei gruppi politici nazionalistici, che vorrebbero erigere barriere fisiche e odiosi muri di filo spinato, non dovrebbero trovare alcuna cittadinanza. Di fatto, la civiltà occidentale è un villaggio globale multietnico, multiculturale, aperto agli spostamenti dei vari gruppi umani. Viviamo in un’era difficile, controversa, di superamento delle ideologie, purtuttavia in certuni persiste l’inconcludente e anacronistica pretesa di frenare con la forza un movimento di genti, che scappano dall’inferno. È evidente che il flusso degli immigrati possa essere solo blandamente controllato, disciplinato con leggi rigorose, ma rispettose della diversità umana. L’Europa delle banche fameliche, dell’alta finanza vorace, dovrebbe saper adottare piattaforme sensibili e comprensibili di intervento e di redistribuzione dei profughi e degli immigrati, dovrebbe sapere munirsi d’una politica estera adeguata. In Italia, continuamente, sulle nostre coste, giungono su desolate e fatiscenti carrette del mare migranti carichi di piccoli sogni e semplici speranze.

Noi, cittadini del meridione, nel nostro Dna portiamo i segni palesi d’una ancestrale travaglio, le scaturigini del dolore s’annidano nella nostra più intima carta d’identità come radici in una terra profonda di zolle marroni. Noi conosciamo davvero il subbuglio d’una vita china di disagi come una memoria viva, che definisce e impreziosisce la storia dei nostri progenitori, costretti dagli accadimenti a trasmigrare in paesi più fortunati.

Noi, cittadini del Sud, possiamo comprendere più di tutti chi arriva da noi e stringe fra le mani solo incertezze e un pugno di mosche. Noi cittadini del meridione possiamo asserire, fuori da qualsivoglia polemica politica di parte, che è un non senso antropologico frammentare questa sofferta umanità alla deriva in migranti profughi, da tenere, e immigrati cosiddetti “economici”, eventualmente da rimandare indietro, da ricacciare nella bocca del leone. L’umanità è una sola. Siamo tutti cittadini del mondo, in cerca d’un rifugio sicuro, d’un nido nutriente, che ci abbracci benevolmente.

Marcello Buttazzo