di Francesco Pasca –

Non accade spesso di trovarsi “fra le pieghe del rosso” in un “incontro di vento”.
A me è accaduto per essere in e di (vicinanza e scrittura) e con un Luogo dove il tempo vuole diventare percorribile in un lasso, brevissimo, dello stesso ristrettissimo spazio.
Vivere fra San Pietro in Lama e Lequile dà questa opportunità e, trovarsi con amici di pensiero, accade. Marcello Buttazzo e Giuseppe Fioschi sono vicinanze facili da incontrare.
Unire può essere complicato, sono pensieri distanti per accadimenti trascorsi su linee differenti, ma intersecandosi nella diversità danno opportunità di nuova scrittura.
Capita di attraversare i loro sentieri, con i loro operati di Poesia e per l’intensità di una o più Storie da loro raccontate. Trovo sempre differenze e uguaglianze.
Non ultimi per me i versi di Marcello per l’iQdB (i Quaderni del Bardo edizioni) della collana di Poesia voluta dalla giovane casa editrice di Stefano Donno.
Altrettanto non ultimo il manoscritto di Giuseppe per Spagine (Edizioni per il Fondo Verri), nella scrittura multipla di Mauro Marino.
Immergersi in un’Umanità colorata e oltremodo variegata nell’accondiscendenza di un futuro a cui tendere è il controllare, col leggere è anche l’esperienza che diventa il luogo a cui giungere.
Ho fra le mani due testi, molto differenti, per essere pratiche di scrittura viaggianti su binari semantici di luoghi proposti e volerne trascendenza poetica o forza attrattiva per un’indole variegata dagli eventi.
Li rigiro fra righe e pagine e parole e m’accorgo del loro parlato colore.
Testi, dunque, segnati, sicuramente, dalle esperienze diventate oggi oggetto di mie riflessioni.
La Poesia di Marcello Buttazzo la conosco da tempo. Da poeta lui ha qualità e ripropone non per ovvia ripetizione di un sé, bensì come necessità da aggiungere al non mai o ancora detto.
Il suo “mai”, “non detto”, diventa supporto dialogico di fatica in un rosso per “un’ansia sorda” da far coniugare con “… tutta la leggerezza del mondo”.
Leggo e sosto fra “la vita a perdifiato”, “la vita fanciulla.”
Aggiungo, da me, (la vita difficile), dove, come lui ne descrive e ne fa diventare “l’universo che gira”.
In pagine diventano quarantasei pietre miliari in utile numero romano dove è piacevole affondare anche i propri ricordi.
Nella ormai indispensabile dedica da apporre al libro, quando quest’ultima ha varcato i confini di un altro luogo, Marcello scrive: “All’amico Francesco, un tempo sereno di piccole cose e tutto il bene del mondo. Con affetto. Marcello.”
Si può credere in un ovvietà ma per me v’è l’oltre del e al dedicato.
Da me, trovo quell’ansia di cui si serve per donare scrittura di nuova esigenza poetica.
Ma leggere è anche passare di grado e, l’esigenza, si sposa in un: “incontro di vento.
Così è che sposto la mia attenzione. Così assumo l’idea di trovarmi in un diverso da accettare. L’accetto.
Non sempre una lettura cambia il suo verso. Non sempre il vento soffia in un verso.
Non sempre si ha la possibilità di rinascere e non sempre è prologo da collimare con epilogo.
La scrittura come il vento cambia sempre direzione e, il passato, ovvero ciò che è stato spazzato da altro vento, si accomoda e, a volte, consente di sentire: “un’aria più leggera”.
Aggiungo: D’apparente leggerezza.
Le riflessioni, i ripensamenti raccontati, portano anche loro conseguenze e si trascinano in altri eventi.
Genny, figlia, diventa l’ancora per sottrarsi al vento di un passato ma su cui adagiare i propri bisogni e ricordi.
La scrittura per l’amico Giuseppe, probabilmente ha quel nome, Genny.
I nomi e i luoghi che trovo nella sua scrittura sono anche da me passati e ne ho udito quel vento, ma di rimessa, per aver vissuto nello stesso Luogo dove spesso si sono svolti. Anche io, leggendo, ne trascorro gli eventi come fossero state le uguali strade e gli identici proiettili.
Vi assicuro, non è semplice per un Luogo prevederne l’incontro, ma l’incontro avviene.
Il Dove?
In una scrittura fra un groviglio di Pieghe vi può essere anche il Rosso e tanto Vento.
Buona lettura.