di Antonio Stanca – Molto bene è riuscito Osvaldo Guerrieri in Schiava di Picasso, romanzo del 2016 che quest’anno la casa editrice BEAT di Padova ha presentato in una nuova edizione. Opera di narrativa ha fatto Guerrieri di quella che era stata una vicenda realmente accaduta, arte ha fatto della storia se non della cronaca. Altri romanzi ha scritto Guerrieri nei quali si è mostrato capace di procurare la qualità, il tono, il valore, il significato della narrazione a quanto accaduto nella realtà. Anche di racconti è stato autore oltre che di saggi di genere teatrale scritti per il quotidiano La Stampadi Torino, città nella quale vive. Alcuni racconti e saggi fanno parte di opere collettive e certi racconti sono stati ridotti a spettacoli teatrali.
Spirito dinamico, irrequieto Guerrieri è nato a Chieti nel 1944, ha settantaquattro anni e già molto giovane si era dedicato a quel giornalismo che sarebbe diventato la sua saggistica, la sua narrativa, le attività che lo avrebbero distinto nel contesto culturale e artistico del Novecento non solo italiano. Di molti premi lo avrebbero reso degno, nel 2003 avrebbe ricevuto il Premio Internazionale Flaiano per la critica teatrale, nel 2009 il Premio Letterario Internazionale “Mondello città di Palermo”.

In Schiava di Picasso riesce a fare letteratura, arte di quella che era stata una relazione d’amore, una delle tante che Picasso aveva avuto durante il suo prolungato soggiorno parigino. Trasforma Guerrieri in romanzo quanto era avvenuto tra il famoso artista spagnolo e una giovane donna, la fotografa Dora Maar, arrivata a Parigi da molto lontano, dall’Argentina, e ancora legata alla famiglia, ad un padre e ad una madre pieni di affetto per lei anche se diversi per tanti aspetti.
Quando i due, Picasso e Dora, s’incontrano, lui non è ancora l’artista ampiamente e indiscutibilmente apprezzato e riconosciuto e lei è agli inizi di quell’attività fotografica che le avrebbe procurato notevoli riconoscimenti. Dora si è appena liberata dai legami con la famiglia ed è reduce da una grave esperienza vissuta con un uomo che l’ha fatta soffrire. Picasso la farà innamorare per intero, la prenderà tutta, la sua intelligenza, la sua bellezza saranno da lui tanto apprezzate, tante volte nominate, evidenziate che non sembrerà ci sia posto per altro nella loro vita. Il loro diventerà un amore completo, totale, ameranno ogni cosa, ogni parte del loro corpo, della loro vita, della loro storia, niente disturberà il loro rapporto, la loro unione.
Stanno nella Parigi dei primi anni del ‘900, nella Parigi che vive di tanta cultura, di tanta arte, di tanti intellettuali, di tanti artisti, nella Parigi che vuole essere sempre più nuova, sempre più attraente, che vuol dare sempre di più al mondo che la guarda, ai tanti che in essa sono venuti da lontano per vedere, per assistere ad uno spettacolo quanto mai grandioso, esplosivo. In questi ambienti, tra le note personalità che li frequentano e delle quali Picasso diventerà una delle più celebri avviene la relazione tra lui e Dora. Lei è tanto convinta dell’amore di Picasso, è tanto innamorata di lui da resistere anche alle prime difficoltà, alle prime incomprensioni. Starà dieci anni con lui e saranno tanti, tantissimi i problemi che i tempi faranno sopraggiungere nel loro rapporto. Dora sopporterà perché ama Picasso e perché si rassegnerà all’idea che di un uomo di genio fanno parte anche certe libertà, certi vizi che gli altri non possono permettersi. Accetterà, quindi, di non diventare la signora Picasso e di essere solo l’amante dal momento che lui frequenta anche le due mogli precedenti, da ognuna delle quali ha avuto un figlio, accetterà di sapere che il sesso, l’erotismo sono suoi interessi importanti, di rimanere lontana da lui quando gli impegni di pittura, scultura, disegno sono tanti, di essere finanche offesa alla presenza di amici comuni, di vederlo tanto preso di sé, tanto innamorato di sé stesso, del suo lavoro, del suo valore, della sua fama, dei suoi risultati, delle sue conquiste femminili da non concedere spazio a nient’altro. Di queste ultime, però, comincerà Dora a dolersi più d’ogni altra cosa e per esse lo lascerà per sempre dopo averlo lasciato solo per brevi periodi. Ha sessant’anni, rimane sola, Parigi è occupata dai tedeschi, trova nella fede il conforto che non ha trovato in nient’altro e la sua vita, la sua storia, l’elaborazione che di esse ha fatto Guerrieri diventano una testimonianza definitiva, inalterabile di come sono vissuti un genio e quelli che stavano con lui.
Non è un atto di accusa quello dello scrittore ma un attestato delle vittime che certe persone sono destinate a lasciare nel percorso della loro vita. Vittime delle quali appena si sa e che non sono state mai tanto importanti da ridurre l’altezza del genio che le ha provocate o almeno da farlo considerare diversamente.

Un problema da valutare dovrebbe, invece, essere!

Antonio Stanca